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Packaging, una nuova plastica green e intelligente allunga la vita dei prodotti

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Gli imballaggi stanno vivendo una trasformazione epocale, silenziosa ma inarrestabile, che porterà novità concrete nella vita di tutti. Dai contenitori dei cibi agli involucri delle merci fino ai flaconi dei prodotti cosmetici e farmaceutici vedremo materiali non solo riprogettati per ridurre gli sprechi e garantire maggiore sicurezza, ma anche in grado di interagire con il contenuto per allungarne la durata. Le plastiche stesse, che resteranno alleati insostituibili, saranno ripensate per un riciclo al 100 per cento.

Le plastiche di oggi e le sfide del riciclo

Al momento, il panorama del packaging resta dominato da quelle fossili, cioè originate dal petrolio, e onnipresenti negli scaffali dei supermercati. Le principali sono: il Pet (polietilene tereftalato), materiale tipico delle bottiglie di acqua e dei vassoi per alimenti; il Pe (polietilene), utilizzato soprattutto per pellicole trasparenti, rivestimenti interni di cartone del latte e flaconi per detersivi e cosmetici; il Pp (polipropilene), di cui sono fatti vasetti, tappi e ricariche flessibili; infine il Ps (polistirene), tipico dei contenitori dello yogurt e di altri imballi leggeri.

Packaging attivo: quando l’involucro “parla” col contenuto

Annalisa Apicella, ricercatrice del dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Salerno, è appena intervenuta al Instm Young Researcher’s Forum 2025, svoltosi all’Università Federico II di Napoli, illustrando le novità dell’imballaggio sostenibile. «Il nuovo paradigma è bilanciare prestazioni e sostenibilità» sottolinea a Panorama Apicella.

«Per capire cosa intendiamo per prestazioni, prendiamo il caso degli alimenti: l’involucro deve proteggere da contaminazioni microbiche, ossigeno, luce, umidità e altri fattori ambientali, e poi prolungare la shelf-life, cioè il tempo di vita di un prodotto sullo scaffale. Tutto ciò nel pieno rispetto delle normative sui Moca (materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti)».

Seguendo questa filosofia, la ricerca sta lentamente rivoluzionando il settore. La frontiera più innovativa è quella del packaging attivo: «Nei supermercati vedremo presto imballaggi che non si limitano a contenere, ma interagiscono con il cibo per conservarlo più a lungo. In alcuni Paesi asiatici, come il Giappone, queste soluzioni sono già diffuse sul mercato, mentre in Europa stanno iniziando a comparire ora, seppure con regole più restrittive».

«Di particolare interesse sono i film costituiti da polimeri biodegradabili o amido modificato, arricchiti di antiossidanti naturali ed estratti vegetali ricchi di polifenoli, antimicrobici, assorbitori di ossigeno ed etilene».

Dai rivestimenti commestibili ai materiali monostrato

Queste nuove soluzioni non solo prolungano la vita del prodotto, ma offrono un’alternativa sostenibile alle plastiche convenzionali, contribuendo a ridurre lo spreco alimentare. «Tra le soluzioni di packaging attivo, biodegradabile e multifunzionale sviluppate dal nostro gruppo di ricerca figurano pellicole in acido polilattico con antimicrobico naturale, rivestimenti proteici a base di siero del latte ed estratti antiossidanti da sansa e acque di vegetazione delle olive, e film biodegradabili per il rilascio controllato di quercetina, un potente antiossidante naturale» aggiunge Apicella.

Un’altra prospettiva di ricerca interessante è rappresentata dai coating edibili, sottili rivestimenti commestibili a base di biopolimeri naturali applicabili direttamente sull’alimento per rallentare i processi di degradazione. Un’azienda americana ne sta producendo uno a base di fibroina della seta disciolta in acqua, che spruzzata su frutta e verdura ne prolunga la conservazione.

Verso un packaging monomateriale e 100% riciclabile

«Un altro cambiamento epocale riguarda la riprogettazione degli imballaggi multistrato, dalle pouch flessibili alle vaschette rigide, che stanno evolvendo verso strutture monomateriale, cioè composte da un unico tipo di plastica (per esempio tutte Pe o tutte Pp), o da diversi tipi facilmente separabili».

In molti casi, come per le vaschette in Pet o Pp, questa transizione è già iniziata, ma l’obiettivo è estendere la progettazione per il riciclo totale a tutti gli imballaggi. Oggi, infatti, molti sono ancora realizzati con laminati multistrato difficili da separare e dunque da riciclare in modo efficiente.

Basti pensare ai sacchetti delle patatine o delle barrette ai cereali: sembrano plastica, ma sono laminati multimateriale composti da Pet, alluminio e Pe, difficili da separare.

Soluzioni paper-based e riduzione del peso

Un’altra strategia punta alla sostituzione delle plastiche convenzionali con imballaggi in carta accoppiata a sottili strati di biopolimeri che proteggono da gas e umidità. È il caso delle nuove buste di snack o caffè “paper-based”, molto più facili da smaltire.

«Demonizzata nell’opinione pubblica, la plastica resta un alleato insostituibile. Il problema nasce quando non viene gestita nel fine vita e finisce nell’ambiente. Ma se ben gestita, diventa alleata: è leggera e può essere riciclata impiegando meno energia di vetro e metalli. Il Pet fonde a 270 gradi, il vetro a 1.500, i metalli non scendono sotto gli 800» spiega Apicella.

Le nuove regole europee

La rivoluzione del packaging avviene nel quadro della Packaging and Packaging Waste Regulation, la nuova normativa europea che sostituisce la direttiva 94/62/CE. L’Ue vuole ridurre progressivamente il peso e il numero di imballaggi, eliminando quelli eccessivi o multipli e favorendo il riuso.

  • Riduzione del 5% entro il 2030
  • Riduzione del 15% entro il 2040

Inoltre, entro il 2025 il 65% degli imballaggi dovrà essere riciclabile, quota che salirà al 70% nel 2030, e tutti dovranno riportare indicazioni chiare sul corretto smaltimento.

Il futuro: meno peso, più intelligenza

«Forse qualcuno si sarà accorto che alcune bottiglie d’acqua in vendita hanno una plastica così sottile che si schiaccia con una mano. È la conseguenza di una strategia invisibile già in atto: riduzione di pesi e spessori. Meno materiale significa **meno rifiuti e meno CO₂» spiega Apicella.

Non solo il peso, ma anche il design stesso degli imballaggi minimizzerà le emissioni complessive, considerando l’intero ciclo di vita, dalla produzione al riciclo.

Il nuovo regolamento europeo individua nel riciclo meccanico la via verso la circolarità: le bioplastiche “degradabili” avranno un ruolo mirato, ma non sostituiranno i polimeri convenzionali.

Addio alle false etichette “eco”

Un altro punto importante: saranno vietate dichiarazioni vaghe come “biodegradabile” o “ecologico” senza spiegare dove, come e in quanto tempo la degradazione avviene. Un materiale potrà dirsi sostenibile solo se degradabile in condizioni precise e controllate.

Dopo tutto, il concetto di sostenibilità è troppo complesso per lasciarlo ai profani.




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