Trump contro il presidente della Colombia: “Petro è un leader del narcotraffico”. E il Pentagono attacca ancora una presunta nave della droga
Dopo aver dato il via libera alla Cia per mettere in atto nuove operazioni sotto copertura in Venezuela, volte a destabilizzare il presidente Nicolás Maduro, Donald Trump continua ad allungare le mani degli Stati Uniti sul Sudamerica, e sulle sue riserve petrolifere. Il presidente Usa ha accusato l’omologo della Colombia, Gustavo Petro, di essere un leader del narcotraffico illegale che incoraggia fortemente la produzione massiccia di droga, in grandi e piccole piantagioni, in tutto il Paese”. E mentre il tycoon annunciava anche lo stop di tutti gli aiuti americani a Bogotà, il Pentagono effettuava un nuovo attacco contro una presunta nave della droga legata ad un gruppo di guerriglia colombiano.
Il presidente sudamericano è stato accusato da Washington di non intervenire “contro il più grande business” del suo Paese. Trump per questo ha annunciato che “i pagamenti e i sussidi su larga scala dagli Stati Uniti – che non sono altro che una truffa a lungo termine nei confronti dell’America – non saranno più effettuati”. Si tratta di centinaia di milioni di dollari in fumo per Bogotà che era già stata penalizzata dalla chiusura, da parte di questa amministrazione, di molti programmi di Usaid. Immediata la reazione di Petro: “Il principale nemico del narcotraffico in Colombia nel XXI secolo sono stato io, che ho scoperto le sue connessioni con il potere politico del Paese“, ha dichiarato su X. “Consiglio a Trump di informarsi meglio sulla Colombia, distinguendo tra narcos e politici democratici”, ha aggiunto, dopo aver sottolineato che sotto il suo governo “la crescita dei coltivazioni di coca è stata quasi azzerata”.
Lo scontro a distanza tra Trump e Petro segna un nuovo capitolo nelle già tesissime relazioni tra Washington e la regione. Gli Usa hanno attivato un dispiegamento di forze navali militari composto da otto navi da guerra e un sottomarino, con a disposizione circa 10mila militari e team di assalto anfibio, posizionati a ridosso delle acque territoriali del Venezuela. D’altra parte, lo scontro tra Washington e Bogotà va avanti da mesi. A fine settembre, durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite, il dipartimento di Stato americano ha annunciato che avrebbe revocato il visto a Petro per aver partecipato ad una protesta anti-Trump. E, più di recente, il presidente colombiano ha accusato gli Usa di aver violato la sovranità della Colombia e ucciso un uomo, Alejandro Carranza, non legato al traffico di droga in un attacco contro una nave il 16 settembre. Mentre due giorni fa il tycoon ha annunciato che avrebbe rimpatriato in Colombia ed Ecuador “due narcoterroristi” sopravvissuti ad una attacco degli Stati Uniti contro la loro nave.
Poche ore dopo che la Colombia ha denunciato un’invasione delle sue acque da parte degli Stati Uniti, inoltre, il capo del Pentagono ha annunciato un altro attacco contro una presunta imbarcazione adibita al traffico di droga e l’uccisione di tre “narcoterroristi”. In un post su X il segretario alla Difesa, Pete Hegseth, ha affermato che l’attacco, effettuato venerdì, ha preso di mira un’imbarcazione affiliata ai guerriglieri rivoluzionari colombiani dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), con il quale il presidente Petro ha interrotto i colloqui di pace a gennaio dopo una violenta incursione in Venezuela. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte del gruppo che ha sempre negato il coinvolgimento nel traffico di droga anche se le autorità locali segnalano regolarmente lo smantellamento di laboratori di cocaina e il sequestro di droga ritenuta appartenente alla guerriglia.
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