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Allibiti dalla seconda presidenza Trump? I Democratici non sono esenti da colpe

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I progressisti di tutto il mondo sono allibiti e spiazzati dalla seconda presidenza di Donald Trump, molto più assertiva ed aggressiva della prima. Non si contano le dichiarazioni del mondo politico e intellettuale contro le “nefandezze” delle sue decisioni e dei suoi discorsi. Risulta evidente che il governo americano è attualmente in mano ad una amministrazione che mette in discussione l’ordine politico e anche morale dell’Occidente.

Per parafrasare il Presidente De Luca, se il Partito Repubblicano è colpevole il Partito Democratico non è innocente. E quindi utile riflettere non solo sul “cattivo” Trump, ma anche su come mai abbia legittimamente vinto le elezioni presidenziali del 2023 e, in particolare, come mai il Partito Democratico abbia subito una sconfitta così pesante. Sugli aspetti contingenti si è ampiamente scritto e non vale dilungarsi più di tanto. In realtà negli Stati Uniti non esistono partiti ma solo comitati elettorali, tanto che non hanno neanche un leader riconoscibile. Il Partito Democratico è rimasto per due anni prigioniero di un Presidente malato, ma così arrogante da volersi ricandidare. Il risultato è che si è ritirato troppo tardi senza di fatto lasciare a Kamala Harris sufficiente tempo per organizzare una campagna elettorale efficace. E forse una donna afro-americana non era il candidato migliore per vincere negli “swinging states”, dove plausibilmente un uomo indoeuropeo avrebbe attratto più voti nella classe media impoverita dalla globalizzazione. Ma queste cose sono state già scritte.

Meno discussa è la natura del Partito Democratico e di chi ha rappresentato negli ultimi 40 anni. Per inciso, è forse utile ricordare che questo partito è lo stesso che nel ‘800 era espressione dei proprietari terrieri schiavisti del Sud, in contrapposizione con il partito degli industriali del nord. Nel ‘900 il Partito Democratico si è radicalmente trasformato, tramite tra l’altro un forte legame con i sindacati, in un partito vicino ai lavoratori e ha espresso leaders del calibro di Roosevelt e Kennedy. Negli anni ’90 del secolo scorso il Partito Democratico ha acriticamente sostenuto la globalizzazione, ignorando che avrebbe colpito la classe operaia americana. La discriminazione positiva, cioè le politiche attive per favorire le minoranze discriminate come gli afro-americani, ha ulteriormente colpito la popolazione bianca dei ceti medio-bassi sia materialmente (per esempio, con meno possibilità di accesso dei figli ai college) sia psicologicamente (essere bianco non significa più essere “superiore”).

Alla base c’era l’adesione al neoliberismo che dopo l’implosione dell’Unione Sovietica sembrava l’unica visione economica possibile. Per essere concreti Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, e adesso super critico delle politiche trumpiane, è stato Chief Economist alla Banca Mondiale quando venivano incoraggiate politiche di liberalizzazione dei mercati, di riduzione della spesa pubblica, di privatizzazioni estese. Poi ha criticato le politiche della Banca Mondiale, ma la sua posizione dentro la Banca non era secondaria.

Ma c’è di più. Pierre Bourdieu, un grande sociologo francese, ha spiegato che la stratificazione sociale non può più essere ricondotta alla divisione tra lavoratori e capitalisti, questi ultimi intesi come coloro che hanno come reddito principale i frutti della proprietà di patrimoni finanziari o reali (ad esempio immobiliari). Dal secondo dopoguerra è emersa una nuova classe sociale costituita da persone dotate di un nuovo capitale: la cultura e le capacità professionali. Questi nuovi soggetti sociali hanno acquisito potere, prestigio e redditi che si posizionano nella fascia alta, anche se non altissima. Negli Stati Uniti questa nuova classe è principalmente costituita da professori universitari, avvocati, medici, super tecnici che lavorano nelle imprese come Google o Amazon, dirigenti delle amministrazioni pubbliche, attori e registi, operatori della finanza e altri professionisti nel mondo della creatività e dei settori più avanzati. Forse in molti non sanno che un professore di una università americana prestigiosa può guadagnare anche più di 500mila dollari all’anno, un medico di fama diversi milioni di dollari, un giovane laureato in “data science” più di 100mila dollari al primo impiego. È questa classe l’anima del Partito Democratico: colta e abbiente.

Continuando a parlare di classi, che probabilmente è un termine inadeguato, i due partiti americani sono entrambi espressioni di élite che si confrontano per ottenere il consenso popolare. Ha vinto l’élite capitalista perché maggiormente in grado di proporre qualcosa di convincente per una larga fascia della popolazione americana che si sente frustrata: la difesa dell’industria nazionale con le protezioni tariffarie, l’avversione agli immigrati perché concorrenti dei nativi sul mercato del lavoro, l’attacco ai diritti civili perché destabilizzanti l’ordine sociale e familiare, la fine della pretesa di essere i gendarmi del mondo con i relativi esorbitanti costi militari. Per ognuna di queste posizioni si potrebbero fare numerose obiezioni. Ma la questione è un’altra. Quali sono le contro-posizioni del Partito Democratico? Difendere il libero commercio internazionale che ha aumentato le diseguaglianze interne e ha favorito la Cina e altri paesi emergenti? Difendere i migranti che non votano? Portare all’estremo alcune battaglie sui diritti civili come la Gpa? Continuare a pretendere che i valori democratici vadano affermati anche con le armi? Al costo di ripetersi, non è una questione di giusto o sbagliato, riguarda le regole democratiche che danno potere, per fortuna negli Stati Uniti con incisivi contrappesi, a chi ottiene più consenso popolare.

Non c’è una vera conclusione a questa analisi inevitabilmente sommaria. È però certo che il Partito Democratico americano non rappresenta più i ceti popolari perché vive lontano da loro (anche fisicamente) e, malgrado il riferimento a valori spesso nobili, nei fatti difende un ceto medio-alto forte, ma non così forte da contrastare efficacemente l’ondata populista di destra.

L'articolo Allibiti dalla seconda presidenza Trump? I Democratici non sono esenti da colpe proviene da Il Fatto Quotidiano.




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