Nave da guerra Usa davanti alle coste del Venezuela. Caracas: “Ci prepariamo a una minaccia militare”
Il pressing di Donald Trump su Caracas diventa sempre più ingombrante. Dopo l’affondamento da parte di Washington di navi venezuelane nei Caraibi che “trasportavano droga”, la promessa del presidente di avere bloccato “l’ingresso di tutta la droga via mare” e “a breve anche via terra” e l’invio di una portaerei a Porto Rico, una nave lanciamissili statunitense è arrivata a Trinidad e Tobago, il piccolo arcipelago situato a circa dieci chilometri dalle coste del Venezuela. La nave era visibile stamani al largo della capitale Port of Spain. L’arrivo della Uss Gravely, insieme a un’unità di marines, avviene ufficialmente per esercitazioni con l’esercito di Trinidad, ma nel contesto delle crescenti tensioni tra Usa e Venezuela, con Caracas che accusa Washington – impegnata in una campagna militare contro i narco – di “preparare una guerra”.
In questo contesto di crescente tensione, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha proposto a Donald Trump di svolgere un ruolo di mediazione tra Washington e il governo venezuelano, durante l’incontro bilaterale tra i due leader tenutosi in Malesia. Secondo il ministro degli Esteri brasiliano Mauro Vieira, Lula ha ricordato che “l’America Latina e il Sud America sono regioni di pace” e si è offerto di “essere un interlocutore, come già in passato, con il Venezuela per cercare soluzioni reciprocamente accettabili tra i due Paesi”.
La riunione, durata circa 50 minuti, si è concentrata principalmente sui dazi commerciali imposti dagli Stati Uniti, con l’impegno reciproco ad avviare un processo di negoziazione per un nuovo accordo di libero scambio. Lula ha colto l’occasione per esprimere preoccupazione per l’invio di navi da guerra statunitensi nei Caraibi e i recenti attacchi contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti. Già nella giornata di ieri, il presidente brasiliano aveva criticato le operazioni militari americane, affermando che “sarebbe molto meglio se gli Stati Uniti dialogassero con le polizie e i ministeri della Giustizia degli altri Paesi” e chiedendo “rispetto per la sovranità nazionale”.
La portaerei Usa a Porto Rico e lo schieramento sproporzionato – Le ultime mosse dell’amministrazione americana hanno incendiato lo scontro che verte ufficialmente sull’intervento militare e di intelligence Usa contro il narcotraffico. Nelle ultime ore nello scacchiere è stata schierata la portaerei americana Gerald R. Ford, che si unisce a un contingente basato a Porto Rico che può già contare su tre navi d’assalto e da trasporto anfibio, i caccia F-35B, gli aerei da pattugliamento P-8 e i droni MQ-9.
Secondo gli analisti militari è uno schieramento di forze sovradimensionato rispetto al compito previsto, ovvero intercettare le imbarcazioni dei narcos. “Abbiamo bloccato l’ingresso di tutta la droga via mare, a breve fermerò anche l’ingresso di tutta la droga via terra. Vedrete”, ha minacciato il presidente Donald Trump prima di volare in Asia. Secondo la Cnn, sul tavolo dello Studio ovale c’è un piano per colpire i centri di produzione di cocaina e le rotte del traffico sul territorio venezuelano, ma una decisione finale non sarebbe stata ancora presa.
Da Caracas il presidente Nicolas Maduro accusa gli Usa di aver iniziato a “fabbricare una guerra”, una “nuovo conflitto eterno che avevano promesso di non volere più”. Il ministro della Difesa, Vladimir Padrino, aveva già avvertito che le Forze armate del Paese “si stanno preparando ogni giorno per difendere ogni centimetro di territorio” di fronte alla “minaccia militare costituita dal dispiegamento aero-navale degli Stati Uniti che si avvicina ogni giorno di più alle coste venezuelane”.
Tensioni anche con la Colombia – Non meno arroventate le relazioni con la Colombia, all’indomani delle sanzioni imposte dagli americani contro il presidente Gustavo Petro, il figlio e la moglie, e il ministro degli Interni Armando Benedetti. Petro, che ha definito Trump “un mostro” dopo che il presidente americano lo aveva bollato come “narcotrafficante”, rischia ora di ritrovarsi i conti bancari bloccati dopo essere stato inserito nella cosiddetta ‘lista Clinton’, il “Foreign Narcotics Kingpin Designation Act” creato nel 1999 dall’ex presidente Usa che comporta tra l’altro il blocco degli asset sotto giurisdizione statunitense. Il ministro della Difesa del Venezuela, Vladimir Padrino, ha affermato che le Forze Armate del suo Paese “si stanno preparando ogni giorno per difendere ogni centimetro di territorio” di fronte alla “minaccia militare costituita dal dispiegamento aero-navale degli Stati Uniti che si avvicina ogni giorno di più alle coste venezuelane”.
“Nessun passo indietro e mai in ginocchio”, ha tuonato il presidente colombiano: “Lottare contro il narcotraffico per decenni e con efficacia mi porta a questa misura del governo della società che tanto abbiamo aiutato. Un paradosso”. Non meno caustico l’altro responsabile sanzionato, il ministro Benedetti: “Ogni impero è ingiusto, la loro lotta antidroga è una farsa e in questo Paese nessuno crede che io sia un narcotrafficante. Gringos go home“. Anche il ministero degli Esteri stigmatizza: le sanzioni sono “un affronto, un atto ostile e una decisione senza fondamento”. Dall’inizio delle operazioni contro i presunti trafficanti, a metà settembre, gli statunitensi hanno già colpito diversi obiettivi, uccidendo 43 persone. Da ultimo, ha annunciato il Pentagono, “un caccia ha centrato un’imbarcazione del cartello venezuelano Tren de Aragua, uccidendo sei narcos”.
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