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Manovra verso la fiducia alla Camera senza modifiche. Nel 2019 Meloni attaccava: “Dov’è la democrazia se il Parlamento non può discutere la legge di Bilancio?”

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Il governo si prepara a porre la questione di fiducia sulla legge di Bilancio anche alla Camera. Che, visti i tempi strettissimi, dovrà votare il provvedimento più importante dell’anno senza poterlo modificare né esaminare in profondità. Un pessimo modus operandi che va avanti identico da anni, sempre censurato dalle opposizioni pro tempore e accettato come un dato di fatto dall’esecutivo in carica. Il Pd, durante l’esame in commissione Bilancio prima dell’approdo in Aula, ha messo in evidenza il cortocircuito: il deputato Claudio Mancini ha fatto partire un video del 2019 (vedi sotto) in cui Giorgia Meloni, ai tempi della sua militanza nei banchi dell’opposizione a Montecitorio, lamentava alzando la voce l’esame di fatto monocamerale del ddl di Bilancio per il 2020: “Dov’è la democrazia parlamentare se il Parlamento non può discutere la legge di Bilancio?”, diceva all’epoca la leader di FdI. “Pensiamo sia una vergogna il maxiemendamento su cui è stata posta la fiducia al Senato perché il governo doveva emendare se stesso (…) e una Camera in cui stiamo facendo una pantomima“.

Con lei a Chigi, è andata esattamente nello stesso modo. Con l’aggiunta dell’imbarazzante via crucis andata in scena al Senato, tra maxiemendamenti presentati e ritirati, vertici d’urgenza e misure espunte all’ultimo secondo dopo l’intervento del Colle. Alla Camera le opposizioni hanno presentato in commissione 949 emendamenti – 790 quelli che arriveranno in Aula – senza alcuna chance di passare, perché il testo viaggia appunto blindato verso il voto di fiducia previsto per lunedì alle 19. L’ok finale, salvo imprevisti, è fissato per le 13 di martedì 30 dicembre. La discussione in commissione si sta svolgendo una sala del Mappamondo semi-vuota, con diversi parlamentari collegati da remoto. I relatori sono Andrea Barabotti (Lega), Andrea Mascaretti (Fdi) e Roberto Pella (FI). A seguire la discussione c’è la sottosegretaria al ministero dell’Economia Sandra Savino.

La maggioranza sta ovviamente rivendicando la bontà del testo. Per Saverio Congedo, capogruppo di Fratelli d’Italia in Commissione Finanze “coniuga crescita, equità e stabilità dei conti pubblici, rafforzando la credibilità dell’Italia sui mercati internazionali e confermando gli impegni assunti con i cittadini”. “Questa manovra contiene interventi concreti e significativi a favore delle regioni e degli enti locali, giustizia e sicurezza, molti dei quali da tempo attesi dai presidenti, sindaci e amministratori e dagli operatori pubblici”, aggiunge Pella. Il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, festeggia l’aumento della soglia di valore catastale della prima casa per l’esclusione dal calcolo Isee e il buono scuola fino a 1.500 euro per le famiglie he iscrivono i figli alle paritarie, oltre all’aumento a 610 milioni del tetto del 5 per mille.

Per le opposizioni il provvedimento è invece pessimo. Il capogruppo del Pd in commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano, accusa il governo di “fare cassa con un unico obiettivo: finanziare la prossima campagna elettorale. Un intervento miope e opportunistico, che finge rigore oggi solo per potersi liberare dai vincoli europei e tornare domani, in piena campagna elettorale, alla stagione delle spese pazze, senza una visione e senza una strategia”. Senza le risorse del Pnrr, aggiunge Pagano, “l’Italia sarebbe già in recessione. È un dato di fatto che smaschera il fallimento della cosiddetta ‘ricetta Meloni’, incapace di affrontare i nodi strutturali del Paese. La crescita è fragile, le crisi industriali aumentano, la pressione fiscale è ai massimi storici e il Governo risponde con nuove tasse: 600 milioni di euro in più solo dai carburanti, colpendo famiglie e lavoratori”.

Numerosi gli interventi del M5S in commissione Bilancio sull’emendamento a firma di Dario Carotenuto per il ripristino del Reddito di cittadinanza. “Da quando Meloni siede a Palazzo Chigi in Italia ci sono 70mila poveri in più, a riprova che Adi e Sfl sono un fallimento – ha affermato la capogruppo 5S in commissione Daniela Torto -. Questo parere contrario è una porta che viene sbattuta in faccia a milioni di cittadini in difficoltà, proprio mentre la povertà tocca il record storico”. Per il vicepresidente della V commissione, Gianmauro Dell’Olio, “con le misure del governo Meloni il numero di beneficiari di un sostegno economico è la metà rispetto al Reddito di cittadinanza, il tutto al solo fine di fare cassa. Quelle risorse, peraltro, finivano nell’economia, negli esercizi di vicinato: la riduzione ha rappresentato un danno anche per loro”. “È una manovra degli orrori che continua a tagliare sul sociale e il no al nostro emendamento per ripristinare il Rdc conferma la vera natura di questo esecutivo, forte con i deboli e debole con i forti” l’attacco del deputato pentastellato Davide Aiello. Dal canto suo Marco Pellegrini, pentastellato che siede in Commissione Difesa della Camera, parla di “manovra di guerra, una legge di bilancio che si prepara a un conflitto militare e a investire 23 miliardi in riarmo nei prossimi tre anni. Lo fa tagliando sui bisogni e sulla carne viva di milioni di italiani in difficoltà e in modo da ricevere il plauso delle agenzie di rating”.

Per il vicepresidente di Avs Marco Grimaldi “quella del governo Meloni non è una manovra ‘prudente’, come dice Giorgetti, ma una scelta di classe: tagli ai servizi, regali fiscali ai più ricchi e miliardi destinati alla corsa al riarmo. Noi di AVS rispondiamo con una contromanovra che redistribuisce risorse: 26 miliardi l’anno da un contributo dell’1,3% sull’1% più ricco, 3 miliardi dagli extraprofitti delle imprese fossili, 750 milioni da quelle belliche. Risorse per salvare sanità, scuola, trasporti, welfare e green. Proponiamo anche di cancellare il Ponte sullo Stretto e investire 5,87 miliardi in 60 km di metro, 140 km di tramvie, 4.500 autobus e treni regionali”.

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