Sull’Ucraina Putin aveva avvertito Bush e l’Occidente, che ha tirato dritto: nessuno stupore per quel che avviene ora
di Francesco Valendino
E’ sempre antipatico dire “ve l’avevamo detto”. Specie se nessuno ha ascoltato. Eppure…
Era il 6 aprile 2008, Sochi. Vladimir Putin riceve George W. Bush e gli dice, testualmente: “L’adesione della Nato di un paese come l’Ucraina creerà per voi e per noi un campo di conflitto a lungo termine”. Chiaro? Limpido? Troppo. Motivo per cui i “nostri” strateghi, quelli che ci hanno regalato Iraq, Afghanistan e Libia, hanno pensato bene di fregarsene.
Due giorni prima, al vertice Nato di Bucarest, era stato partorito un capolavoro: Ucraina e Georgia “diventeranno membri”. Quando? Mah. Come? Boh. Il genio stava tutto lì: promettere abbastanza da far incazzare Mosca, ma non abbastanza da proteggere davvero Kiev. Cosa poteva andare storto?
Putin, con la pazienza di chi spiega l’alfabeto a un bambino tardo, illustra punto per punto: “L’Ucraina è artificiale, si dividerà, ci sono 17 milioni di russi, mobiliterò forze anti-Nato, sarà un disastro“. Bush ascolta, annuisce, e tira dritto. Perché per i “nostri” il mondo funziona così: noi decidiamo, voi eseguite.
Quattro mesi dopo la Russia invade la Georgia. Ops. Ma i “nostri” minimizzano: episodio isolato, passerà. L’importante è continuare l’espansione, perché la Nato è “difensiva” e deve allargarsi verso est per “difendersi”. Da cosa non è mai chiarissimo.
Le trascrizioni declassificate rivelano che Putin aveva descritto con sedici anni di anticipo esattamente quello che viviamo oggi: conflitti congelati e scongelati a piacimento, mobilitazione anti-Nato, divisione del paese. Ma per i neocon tutto questo era irrilevante.
Victoria Nuland e compagnia hanno continuato: Euromaidan 2014, cambio di regime, addestramento militare ucraino. E quando Putin nel 2022 ha fatto quello che aveva promesso nel 2008, tutti a strabuzzare gli occhi: “L’aggressione! Hitler!”.
Il problema dei “nostri” è sempre lo stesso: credono che le loro intenzioni nobili cancellino le conseguenze delle loro azioni. Espandiamo la Nato per la “democrazia”? Allora va bene, e se i russi si sentono accerchiati sono loro i paranoici. Il fatto che Putin avesse avvertito è considerato prova della sua malvagità, non delle scelte scellerate occidentali.
E adesso i “nostri” vorrebbero “congelare” il conflitto. Peccato che Putin aveva già spiegato nel 2008 come funziona: si congela quando serve a Mosca, si scongela quando serve a Mosca. Ma i neocon continuano: non si tratta con gli aggressori, resistere resistere. Facile, quando a resistere sono gli ucraini e a pagare siamo noi.
Sapete la cosa più comica? Che tutto era evitabile. Bastava ascoltare. Bastava chiedersi se espandere la Nato ai confini russi fosse così vitale da giustificare il rischio di una guerra. Bastava un minimo di realismo geopolitico. Invece no. Meglio l’arroganza di chi crede che il mondo si piegherà sempre ai nostri voleri.
Risultato: 500mila morti, un paese distrutto, l’Europa impoverita, il rischio nucleare mai così alto, e la Russia rafforzata. Chapeau, strateghi.
Le trascrizioni sono lì, nero su bianco. Putin aveva avvertito. È successo quello che doveva succedere. Ma tranquilli: la colpa è tutta sua. I “nostri” sono immacolati. Del resto, ammettere gli errori richiede intelligenza. Perseverare richiede solo ideologia. E di quella ne abbiamo da vendere.
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