Sciagurato Occidente. Nessuno si ricorda già più del sangue di Parigi. Seppelliti i morti, finite le lacrime, cantati gli inni e lasciate le bandiere a sventolare a vuoto, ci si ingaglioffa negli antichi vizi delle nazioni. Tutti contro tutti e ognuno con il suo frammento di egoismo. La Francia, che si porta sulle spalle il carico di rabbia e di sacrosanta vendetta, Putin e Obama in lite prima per la Turchia e il ruolo di Erdogan e poi di nuovo ai ferri corti per il Montenegro. Washington che vuole alla fine dei giochi la testa di Assad e Mosca che farà di tutto per mantenerla ben salda al potere. Londra e Berlino che devono affrontare difficili passaggi parlamentari e Roma, la Roma di Renzi, che scommette sul gioco dei furbi, che ricalca la tradizione italiana. Il risultato è che invece di combattere il terrorismo islamico, i leader della terra litigano in un caos in cui non si capisce chi sta con chi. L'Isis in tutto questo ride, maligno. È quello che volevano e si aspettavano, comunque andrà a finire questa drammatica storia un obiettivo è stato raggiunto: l'Occidente è diviso, l'Occidente è la mappa della discordia. Non si riconosce, non trova identità, non si fida e ognuno continua a vedere soltanto i propri interessi in Siria e sul più grande scacchiere internazionale.La strada razionale per uscire dal vespaio ci sarebbe. È quella indicata ieri da Berlusconi sul Corriere della Sera, dove ha fissato i punti fermi per combattere lo Stato Islamico: scegliere l'alleanza con Putin e dare vita a una solida alleanza per un intervento di terra. Oggi invece Obama usa quella Nato che ha difeso i valori occidentali dal comunismo non per fermare il nuovo attacco, questa volta islamico, ma per contrastare la Russia. È in gioco anche il ruolo strategico dell'Europa, che in questo caos purtroppo continua a tacere, incapace di avere una propria visione geopolitica e una forza militare ben definita, troppo fragile per emanciparsi dagli interessi americani. Quello che resta è la paura, l'incertezza che ti segue nelle strade e nelle piazze, la rassegnazione di convivere con un nemico che colpisce alle spalle, invisibile, che non ha paura della morte e vive per annientare i valori della civiltà occidentale. Un nemico che ti colpisce nella coscienza e nell'economia e che conosce bene i nostri punti deboli. Un nemico che ha nella paura e nella discordia le sue armi più radicali. Un nemico che verrà sconfitto, ma che lascerà sul cuore dell'Occidente cicatrici lunghe un secolo.
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