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Декабрь
2015

L'atletica alla gogna e la strana difesa dei padroni dello sport

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Dicono che la cosa essenziale nella fede, quella che noi abbiamo sempre avuto per lo sport, per l'atletica, è di non vedere e di credere ciò che non si vede. Questa caccia all'untore che coinvolge tanti atleti italiani, i pochissimi che potrebbero gareggiare a Rio, ci sembra davvero una caccia alle streghe, anche se, per fortuna, in questo polverone che assomiglia ad un pallone fasullo, sembrano esclusi dall'indagine e dalla minaccia di squalifica i giovani che ancora restano ad una federazione italiana di atletica che, come dice il presidente del Coni, in questo caso sembra più vittima che colpevole.Certo sarà sconcertato Giuseppe Gibilisco che una prima pagina bellissima, con la foto che lo ritrae mentre valica l'asticella dopo essersi fiondato con la sua asta, non l'aveva avuta neanche quando vinse il titolo mondiale. Capiamo benissimo il tormento di un campione che si è sacrificato tanto, per pochi euro, come il triplista Fabrizio Donato. Il suo nome è nella lista di proscrizione che chiede per tutti una squalifica di due anni e certo, per uno che è a fine corsa, vuol dire anche fine della carriera.Persino il presidente del Coni Giovanni Malagò, l'ente che è davvero al centro di questa vicenda, molto più della federazione di atletica, ha voluto intervenire quasi sconfessando la teatrale entrata in scena della procura antidoping: «Questi ragazzi non sono delle persone che hanno barato, è semplicemente un fatto di procedure di comunicazione. C'è molta confusione nell'interpretare e capire di cosa si sta parlando. Sono vicende che riguardano il periodo 2011-12. Sulla base degli incartamenti arrivati a pioggia e a singhiozzo dalla procura di Bolzano dopo le vicende del caso Schwazer (il marciatore campione olimpico squalificato per doping ammesso dallo stesso atleta, ndr), la procura antidoping ha disposto questi deferimenti malgrado nessuno avesse segnalato questo tipo di comportamento anomalo nel non segnalare dove sarebbero stati reperibili gli atleti da testare. Anche se in questi casi si procede dopo aver mandato almeno l'ammonimento, il cartellino giallo, è logico che abbia poi dovuto necessariamente predisporre questo atto sospensivo nei confronti dei 26 indagati su un blocco di 65. Non è una giustificazione, solo un segnale di grandissima serietà e trasparenza della procura antidoping, che dimostra di essere totalmente indipendente, come è giusto che sia».Colpirne ventisei per educarne cento? Non l'avremmo fatto in questa maniera così plateale, senza voler difendere nessuno degli atleti deferiti, senza esporci come ha fatto il presidente federale Giomi che in questo momento è davvero nel ciclone: «Mi porto dentro la rabbia di molti atleti. Noi della Fidal siamo sereni, su questi deferiti io ci metto la faccia».Crediamo più alle dichiarazioni di Fabrizio Donato, lo abbiamo visto soffrire, sudare, battersi e quando dice che in quindici anni non ha mai eluso un controllo gli crediamo anche se ormai è stato sbattuto in prima pagina come un mostro qualsiasi.Questa battaglia contro il doping, un po' come è accaduto nel ciclismo, ha smascherato tanti bari del sistema, ma ci rende perplessi questo assalto ad un mondo che vive sulla passione, le grandi motivazioni, povero per definizione anche se qualcuno ci guadagna e ci ha guadagnato.Non siamo confusi, l'operazione "trasparenza" serve per tenersi a distanza e quando il presidente federale dice che continuerà la preparazione dei pochi arruolabili per i Giochi di Rio, dopo il tonfo ai mondiali di Pechino, perché questo processo mediatico durerà tanto e potrebbe finire in una bolla di sapone, non ci sentiamo di sparare anche da questa tribuna. Lui sa che l'atletica italiana è davvero malata, ma non per il doping. Pochi atleti di talento, tanta gente che fugge dai campi, cominciando dai tecnici. Il lavoro da fare è enorme, le speranze pochissime, ma non saremo in piazza per tirare pomodori agli atleti messi alla gogna in questa maniera così plateale e crudele.Il mostro doping esiste, sembra una guerra impossibile da vincere contro chi si arricchisce sulla vera debolezza del protagonista che per avere qualche dollaro in più ascolta i dottor Mabuse che girano intorno alla vanità. La battaglia per la purificazione deve essere fatta alla base e visto che in questa bufera non c'è nessuno della nuova generazione cerchiamo almeno di aiutare i pochi che hanno talento e hanno scelto uno sport dove non c'è l'inganno affettuoso che in altri sport fa considerare il proprio figlio un campione incompreso: l'atletica misura tutto e sul campo non si bara.



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