Nato a Roma nel 1954, Umberto Guidoni ha conseguito la laurea con lode in Fisica per poi specializzarsi in Astrofisica all’Università «La Sapienza» ottenendo una borsa di studio presso il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN), di Frascati. Nel 2001 è stato il primo astronauta europeo a visitare la Stazione Spaziale Internazionale con la missione STS-100, la centesima del programma Shuttle. Gli astronauti, si sa, sono in genere persone molto interessanti, gentili, disponibili e simpatiche ma la simpatia di Umberto non ha eguali. Contattarlo è stato più facile del previsto: nell’arco di un paio di giorni, dopo una manciata di di e-mail, il nostro incontro è stato fissato al Caffè Palombini, a Roma. Non capita tutti i giorni di fare colazione con un astronauta se poi si tratta di un’icona, che ha saputo coltivare la tua passione per la scienza, l’evento diventa ancora più emozionante. Ho sempre seguito Umberto infatti fin dalla più tenera età, quando fu ospite del programma “Chi ha incastrato Peter Pan?” condotto da Gerry Scotti. Non nego che l’emozione ha preso il sopravvento specie durante l’attesa che tuttavia non è durata più di qualche istante. Puntuale come un orologio svizzero, Umberto ci raggiunge all’ingresso del bar all’orario stabilito. Una stretta di mano e subito ci mette a nostro agio dopo la richiesta di darci del tu che ovviamente accettiamo senza esitazioni. Durante la nostra hearty breakfast, Io e Raffaele Salvemini, fondatore di Close-Up Engineering, raccontiamo ad Umberto del nostro progetto e del percorso di studi intrapreso fino a mostrargli il ricco archivio di suoi vecchi articoli che ho raccolto e conservato negli anni. Tra ricordi e un pò di risate, capiamo di aver famigliarizzato abbastanza da poter entrare nel vivo della nostra tanto desiderata intervista. Com’è nata la sua passione per la scienza ed il desiderio di fare l’astronauta? La passione per la scienza ce l’avevo già da ragazzo, leggevo libri sopratutto di avventura prima e poi di scienza. Sopratutto fantascienza, è stata il filo conduttore della mia crescita. La scintilla che mi ha fatto venire l’idea, o meglio il sogno di fare l’astronauta, è stato lo sbarco sulla Luna. Crescendo mi sono reso conto che il mestiere di astronauta in quella fase storica era soprattutto americano e russo, per gli europei e gli italiani non c’era questa possibilità così mi sono detto se non posso fare l’astronauta studierò il cielo da Terra. Sono diventato un astrofisico ed ho fatto ricerca per una decina d’anni al CNR per studiare la magnetosfera terrestre e proprio questa attività mi ha concesso l’opportunità di realizzare il mio sogno: diventare astronauta. Alla fine degli anni ’90 ci fu un accordo tra americani e la nascente Agenzia Spaziale Italiana per la realizzazione di una missione sullo Shuttle proprio per lo studio della magnetosfera terrestre. Ho partecipato così alla selezione per diventare astronauta, senza avere particolari aspettative tanto è che non dissi nulla nemmeno alla mia famiglia. Ad un certo punto però restammo in due e allora si concretizzò la possibilità di andare per davvero in America e così è stato. Cosa serve per fare l’astronauta? Occorre avere qualche caratteristica particolare? In realtà no, molti pensano che gli astronauti debbano avere un fisico eccezionale ma non c’è bisogno di essere sportivi non devono stabilire dei record o fare le olimpiadi. Devono avere però una condizione fisica eccellente: sistema cardiovascolare molto efficiente, su di quello si basa uno dei test più importanti. Si verifica infatti che l’organismo sia in grado di sopportare quelle che sono le difficoltà a cui andrà incontro quando si troverà in assenza di peso, ossia le trasformazioni che il corpo subisce quando si trova in orbita. Naturalmente è importante anche l’aspetto psicologico che viene valutato dopo una lunga serie di test. Naturalmente una preparazione scientifica è fondamentale per poter fare questo mestiere. Si, ci sono due gruppi di individui che possono fare il concorso da astronauta: il primo gruppo riguarda i piloti militari perchè c’è il requisito del pilotaggio. I veicoli spaziali infatti si pilotano nonostante siano diversi da un aereo. Circa la metà di astronauti proviene da questo gruppo. Per loro è richiesta comunque una qualifica scientifica anche se non è necessaria una laurea, è importante avere invece molte ore di volo. L’altra metà di astronauti sono coloro che possiedono una formazione scientifica: è importante avere una laurea, per gli americani anche il dottorato di ricerca, ed avere anche un’esperienza di ricerca di qualche anno. Facendo alcune indagini mi sono reso conto che lei è l’unico astronauta italiano che non fa parte dei corpi militari. La domanda sorge spontanea: ci sarà spazio in futuro per i ricercatori come lei o il mondo della cosmonautica sarà riservato solamente alle figure militari? Trovo che questo sia una contraddizione in effetti, rispetto a come si sta evolvendo il mondo dell’attività spaziale. Credo che ci sia maggiore bisogno di personale qualificato dal punto di vista scientifico perchè l’attività spaziale è sempre più particolare, decisamente più complessa di quella di vent’anni fa. Adesso c’è la Stazione Spaziale Internazionale, c’è una serie di laboratori abbastanza ampi e abbastanza dotati di strumentazione per cui si possono svolgere esperimenti sempre più complessi e che richiedono anche una certa preparazione mentre sullo shuttle l’attività scientifica era di qualche settimana e si dovevano eseguire pochi esperimenti per un breve periodo chiunque lo poteva fare, purché fosse stato addestrato. Dover fare una ricerca che dura dai 6 ai 12 mesi sulla Stazione Spaziale richiede, secondo me, maggior personale scientifico invece paradossalmente in questa ultima fase sono stati scelti in Italia astronauti di formazione militare. In America continua ad essere invece fifty – fifty. In cosa consiste il vostro addestramento? Come si diventa un astronauta? Superata la selezione, si entra nel gruppo di quelli che in America vengono chiamati “Arcane” ovvero aspiranti astronauti, comincia la preparazione che è molto simile a quella svolta nelle università. Si fa lezione la mattina sviluppando soprattutto gli aspetti teorici che riguardano il funzionamento degli strumenti che vengono utilizzati, si approfondisce la conoscenza del veicolo spaziale (prima gli shuttle ora le soyuz), si cominciano a studiare gli esperimenti di cui ci si dovrà occupare in orbita. Nel pomeriggio in genere vengono svolte le sedute pratiche, manovre e attracchi, uso degli strumenti. Un’altra parte molto importante dell’addestramento è quella che riguarda la sicurezza: dai semplici problemi che possono emergere nella cabina di pilotaggio, fino al lancio col paracadute nel caso di un atterraggio critico oppure imparare a sopravvivere in mare o in zone deserte nel caso di atterraggi di fortuna. Segui il resto dell’intervista su Close-up Engineering: