Il giro di boa del tempo
Roma, 31 dicembre 2015 - GIUNTI a quel giro di boa del Tempo che è l’ultimo giorno di un anno, capita di fermarsi almeno un momento a considerare la corsa dei giorni consumati dall’altro passaggio ricordando come eravamo, le cure e le aspettative che urgevano, da quali siamo stati liberati e da quali delusi. Percepivamo anche quegli estremi giorni di dicembre scorrere dolcissimi e lenti come questi. Quasi fossero gli ultimi da gustare come l’uva che, conservata fin dall’estate proprio per piluccarla adesso, è diventata dolcissima. E così la logora stoffa di cui erano tramate le vecchie speranze, anche allora proiettate sull’anno nascente, più o meno tutte ingannate eppure convinte come le nuove, torna a persuaderci di esser «fatti della stessa sostanza dei sogni». Una contabilità sempre in perdita fra il dare e l’avere, ci appare allora forse la vita. Ma quanti sogni il misterioso genio della lampada ha ancora in serbo da soddisfare se li sapremo potentemente sognare, se li sapremo con forza richiedere?
SÌ, FORSE è solo colpa nostra, ci ripetiamo, se non si sono avverati, perché non abbiamo saputo abbastanza desiderarli. E comunque non è già un sogno realizzato dal generoso genio della lampada di Aladino, il nostro trovarci ancora qui, sul ciglio di questo tempo finale, considerando quanti compagni di viaggio se ne siano andati? Ma dove sono andati? A «un Paese non ancora scoperto dal cui confine nessun viaggiatore ritorna», Amleto ci mette in guardia contro facili consolazioni oltremondane. La memoria però ce li salva, i nostri cari, perché è l’amante fedele che non ci abbandona mai a un presente orfano del passato. Aveva ragione Ungaretti, «ma nel mio cuore nessuna croce manca».
E A NOI quanto resta del giorno? Meglio non saperlo, meglio avventarsi contro il futuro armati della stessa pia illusione che riscaldava il cuore l’anno scorso, e l’anno ancora prima e tutti quelli che la vita ci ha donato, tutti mancati al perfetto compimento della felicità eppure contati nella sua stessa perenne e insaziabile ricerca. «Oh ripeterei tutto, / parola per parola, / carezza per carezza, / errore per errore, / mia tenerissima colpa / di chiederti sempre / e non attendere mai / mio tormento di crederti / ogni volta senza imparare mai. / Che la tua maschera / non cada ancora / è la preghiera a Dio, questa sera». È la felicità di perdersi scordando quanti sì abbiamo detto alla vita, quante volte l’abbiamo baciata sulla bocca, anche se ci aveva tradito