Il vostro capo sa motivarvi al lavoro?
Non tutti hanno la fortuna di avere un lavoro che li appassiona. Coltivare la dedizione a ciò che si fa giorno dopo giorno è un compito che attiene principalmente a noi stessi. È un lavoro, un esercizio mentale a tutti gli effetti. Ma un contributo può arrivare, soprattutto per chi lavora in organizzazioni complesse, anche dai propri capi. Avere un superiore efficace nell’arte della motivazione è molto prezioso.
Sì, perché un leader è soprattutto colui in grado di tracciare una rotta e infondere energia a chi rema verso la meta comune. Sentirsi parte di un progetto, qualunque esso sia, può fare la differenza anche a lavoro. «Non può esistere leadership senza la presenza della capacità di ispirare i propri collaboratori verso un bene futuro», spiega Alberto Crescentini, psicologo del lavoro e membro della SIPLO, «La motivazione è una questione psicologica. La si potrebbe definire come l’insieme dei fattori (desideri, emozioni, bisogni) che fanno sì che una persona desideri raggiungere, o rimanere in, una determinata condizione».
Un capo diventa un buon motivatore nel momento in cui dimostra anche una certa empatia. «Avere un capo che ben si collega con le caratteristiche dell’individuo può portare a effetti rilevanti sulla performance dei gruppi». Un capo empatico può diventare così più facilmente fonte di ispirazione. «Gli obiettivi ai quali si tende sono nel futuro e quindi non presenti e non tangibili; solo la capacità di far vedere la loro raggiungibilità rende possibile l’impegno di tutti».
Un motivatore efficace fa comprendere ai propri collaboratori che gli obbiettivi che stanno inseguendo sono raggiungibili. E per tagliare il traguardo condiviso deve far intuire che gli sforzi che si possono profondere sono potenzialmente sufficienti. Lo abbiamo provato tutti, una meta percepita come impossibile da guadagnare tende a scoraggiarci.
Quali sono le frecce nella faretra di un leader che sa infondere motivazione? Innanzitutto «la stimolazione dei desideri e la gratificazione dei bisogni». Ma è altrettanto importante che «vengano messe a disposizione tutte le condizioni per far sì che la performance lavorativa possa avvenire al meglio».
Un buon motivatore è ancora più necessario quando il contesto economico non è particolarmente favorevole. «Si tratta di caratteristiche centrali quando ci si muove in contesti con confini poco definiti e ricchi di incertezze. Maggiore è la fluidità del mercato, maggiori devono essere le capacità di leadership e quindi di ispirazione e guida».
Condivide questo punto di vista Alessandra Mazzei. Nella sua prefazione al recente libro di Andrea Notarnicola, L’impresa spezzata. Motivare le persone dopo l’emergenza (FrancoAngeli), infatti, osserva che «in un mondo incerto e complesso, le crisi e le emergenze sono sempre più frequenti e destabilizzanti».
Nel volume si insiste sul ruolo della collaborazione delle persone nel superamento di un momento critico per un’azienda o di una vera e propria tragedia, come quella avvenuta alla nave della Costa Crociere. Si tratta insomma di quei casi in cui «eventi dirompenti, considerati poco probabili, improvvisamente minacciano l’esistenza stessa dell’organizzazione» scrive l’autore. E in queste cornici spesso tragiche emerge la figura del recovery manager per il quale il saper motivare diventa essenziale. «Si tratta di trasformare un’azienda paralizzata dalla paura in una fabbrica del coraggio» commenta Andrea Notarnicola.
Nella gallery, alcuni libri che affrontano il tema della motivazione, anche di quella che ci infondiamo da soli.
(Nell’immagine una scena di Tutta la vita davanti, in cui Sabrina Ferilli motiva il suo team di lavoro).