«Tiger King»: l’inquietante docuserie di Netflix che sta stregando l’America
C’è un’espressione che si sente dire spesso nei sette episodi di Tiger King ed è «bomba ad orologeria». Avere a che fare con dei felini che arrivano a pesare fino a 180 chili è, dopotutto, un rischio che potrebbe tramutarsi in tragedia da un momento all’altro. Ce ne accorgiamo quando vediamo queste magnifiche bestie ammassarsi davanti alla gabbia alla vista della prima mucca macellata messa lì per nutrirli, ma anche quando un gruppo di bambini si passa i cuccioli di tigre di mano in mano come se fossero peluche ignari che, una volta compiute le 12 settimane, quei batuffoli potrebbero staccare loro un dito. Complice la quarantena forzata a casa in tempi di coronavirus, Tiger King, la nuova docuserie diretta da Eric Goode e Rebecca Chaiklind e disponibile su Netflix, strega l’America e sviluppa nel pubblico un interesse morboso che oscilla tra l’indignazione e la curiosità, lo sconcerto e il desiderio di capire dove voglia arrivare. I protagonisti sono tutti quei soggetti che sugli animali selvatici ci ha costruito un vero e proprio business, con un lungo focus dedicato al personaggio di Joe Schreibvogel, meglio conosciuto con il nome di «Joe Exotic», un uomo singolare che davanti alla telecamera si presenta con le meches bionde, il cinturone, un gran numero di piercing che gli attraversano i lobi delle orecchie e un paio di pantaloni troppo stretti per lui.
https://www.youtube.com/watch?v=acTdxsoa428Al Parco di Animali Esotici di Wynnewood, una riserva nel cuore dell’Oklahoma che ospita circa 227 tigri e del quale Joe Exotic si definisce «il sindaco, il procuratore, il poliziotto e il boia», l’uomo, che alcuni hanno ribattezzato «il re degli sbandati», si guadagna da vedere crescendo e allevando esemplari rarissimi che il pubblico può ammirare attraverso i numerosi tour che lo vedono impegnato negli Stati Uniti a intervalli regolari. Ce ne sono di tutti i tipi: leopardi delle nevi – anche se la temperatura sfiora i 38 gradi -, gattopardi, leoni, linci canadesi, tigri siberiane, tigri indocinesi e pantere nere. Per sfamare una tigre occorrono circa 10.ooo dollari all’anno: le provvigioni vengono da alcuni allevamenti che donano a Joe Exotic e al suo staff le mucche più vecchie, ma anche da tutti gli animali che vengono investiti in strada e recuperati da un gruppo di volontari per provvedere al bisogno dei felini. Le bestie, che in un momento vediamo coccolate come se fossero animali da compagnia e in un altro troviamo a staccare la carne con i loro denti lunghi 8 centimetri, fanno impressione per la loro bellezza, ma anche per la sofferenza legata alla reclusione forzata, alle vibrisse che arpeggiano su gabbie sempre più spesse e sempre più piccole. Per una buona parte di Tiger King non sai a quale emozione dare più retta: guardare gli animali trattati come merce di scambio può essere, in qualche modo, sintomo di una complicità del sistema? Quando realizziamo che Joe Exotic stia scontando una pena per aver commissionato l’omicidio, mai avvenuto, della nemica Carol Baskin, «la Madre Teresa dei felini» che lo ha sempre accusato di allevare gli animali a scopo di lucro anche se lei stessa va in giro con addosso le stampe animalier perché «è la mia uniforme», scopriamo che le cose sono molto più complicate e che dietro al presunto amore per le tigri e i leoni c’è di mezzo molto altro.
Joe Exotic, il cui profilo psicologico potrebbe benissimo essere oggetto di una puntata di Storie Maledette, è, infatti, un personaggio controverso sotto molti punti di vista. Gay dichiarato da quando aveva 13 anni e il padre gli aveva detto di non presentarsi al suo funerale, costretto a indossare il busto per cinque anni in seguito a un incidente alla schiena, Joe cresce sempre più affamato del successo e di una riabilitazione che passi attraverso gli applausi. Da giovane tiene una serie di seminari nelle scuole per mettere in guardia i più giovani dall’abuso di droghe ma, quando scopre di non essere ascoltato, pensa bene di coinvolgere gli animali e di mettere su dei veri e propri spettacoli di magia al solo scopo di attirare l’attenzione.
Dopo aver fondato un canale streaming che trasmette le sue avventure in Rete ogni giorno alle 18 – la rete si chiamava Joe Exotic Tv.com -, i giornali e le televisioni incominciano a interessarsi a lui insieme a un gruppo sempre più numeroso di colleghi che, così come Joe, convoglia la passione per gli animali esotici convertendola in un lavoro ben remunerato. Insieme all’industria di Hollywood, che chiede la complicità di questi personaggi per prestare gli animali a produzioni come Ace Ventura, Il dottor Dolittle e Il libro della giungla, ci si mette anche un business decisamente inquietante e fuori dall’ordinario. Nella sua riserva Joe Exotic, per esempio, vende anche lubrificanti, candele e capi di biancheria intima rigorosamente a tema animalier perché i soldi sono soldi e 750.000 dollari l’anno per mantenere il suo impero non piovono dal cielo: indipendentemente da chi sia interessato all’acquisto di prodotti del genere, è chiaro che il programma racconti il lato oscuro di persone disturbate che, anziché accumulare cianfrusaglie, accumula animali selvatici sviluppando piani e pensieri ben più bestiali dei predatori che ospitano nelle loro riserve. Il piano caotico e rocambolesco di Joe Exotic per sbarazzarsi della Baskin, erede della fortuna del marito misteriosamente scomparso con la quale ha messo in piedi un «santuario per animali», è l’esempio di quel disagio e di tutti quei conflitti interiori mai risolti in giovane età. Non sappiamo quanti arriveranno alla fine della visione, ma di sicuro in tempi di quarantena non c’è da andare troppo per il sottile. Se non altro per avere un prodotto di cui discutere quando tutto questo sarà finito e che potrebbe presto diventare una serie con Margot Robbie nel ruolo della protagonista, che diventerebbe, così, una donna.