Emma: «Alziamo tutti la voce»
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 26/27 di Vanity Fair in edicola dal 1° luglio
Pomeriggio dell’8 luglio 2014. Tra qualche ora, ci saranno 10.000 fan di fronte a me. Al momento, però, ci sono soltanto dieci maledetti centimetri d’acqua sul palcoscenico. Piove a dirotto. Ed è la mia prima volta all’Arena di Verona.
Inizia il sound check e io sono terrorizzata. Poi vedo l’orchestra che mi accompagna: sale sul palco, si dispone ordinata ed esegue la prova alla velocità della luce. Sono più navigati di me, penso. Poi li guardo negli occhi e in quegli occhi vedo solidarietà, forza, resistenza. Non parlano ma è impossibile non sentire cosa dicono: stai tranquilla, Emma. Perché tu ce la farai.
Gli operatori dello spettacolo, l’incredibile famiglia che ti accompagna in ogni tour, è una catena umana che tiene in piedi la musica. Mi dicono che sono anni Ottanta, ma a me non importa: a ogni concerto, a ogni esibizione io li ringrazio tutti per nome e cognome. E quando mi chiedono se voglio il sushi stellato in camerino, perché devo stare tranquilla e rilassata, rispondo che io sono felice in mensa, in mezzo a loro, col vassoio in mano e la consapevolezza che ai pranzi e alle cene, come in tutte le famiglie, ognuno può davvero capire qual è il suo compito. Sapete chi mi viene in mente, poi? La Lollo e la Serena: quando all’inizio della carriera stavo sempre male di stomaco dopo ogni esibizione, una mi spogliava e mi vestiva mentre l’altra mi teneva la testa. Lì, in quel backstage, non puoi che imparare che la musica esiste anche grazie a questi angeli.
E qui mi arrabbio. Anzi, no, m’incazzo. Viviamo in un Paese meraviglioso, culla dell’arte e patria degli artisti. Eppure mettiamo la cultura all’ultimo posto. Ma la cultura e l’arte sono importanti perché raccontano la bellezza. E la bellezza è importante perché salva la vita dalla bruttezza. Ed è solo grazie alla bellezza che noi rinasciamo. E se lasci le persone senza bellezza, quelle muoiono dentro e diventano brutte a loro volta.
Bisognerebbe ricordarlo a chi ci governa, a chi si dimentica sistematicamente dell’arte come della sanità o dell’istruzione, quando bisogna al contrario pensare a politiche di investimento in questi settori. Mi ero giurata di scrivere qualcosa di bello e un po’ sdolcinato, ma proprio non ci riesco. Perché di fronte ai tanti operatori dello spettacolo che si troveranno in grande difficoltà nei prossimi mesi, come per il resto sta capitando a tanti altri italiani, non posso dire che andrà tutto bene. Voglio invece dire arrabbiatevi, incazzatevi, fate sentire la vostra voce.
Questi politici che stanno usando persino la pandemia per fare l’ennesima campagna elettorale hanno il compito di cambiare le regole. Di sbloccare aiuti e casse integrazioni. Di alleggerire burocrazie e aiutare il lavoro. Dobbiamo alzare tutti la voce. Altrimenti sarà sempre la solita vecchia musica. Ma la musica vera, quella che noi suoniamo e cantiamo, è una vibrazione che ci può rendere più belli. Nonostante tutto. Oltre tutto. E alla faccia di ogni cosa.
(Foto FRED JONNY; servizio REBECCA BAGLINI)
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