Michela Giraud: «Siate monotasking». Sul numero di Vanity Fair in edicola
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 30/31 di Vanity Fair in edicola fino all’11 agosto
«Diciamocelo, è stato un anno di merda». Questo è l’incipit con cui più o meno si inizia ogni conversazione di questi tempi, mascherina alla mano. O al polso, o al gomito, che all’occorrenza deve essere pronta. Un po’ come tante di noi, durante quest’anno. Perché di base, questo è un po’ quello che ci è stato richiesto alla fine del 2019: di essere pronte. A essere mamme, a essere papà, a essere mogli, amanti, complici, femministe. Insomma, Arturo Brachetti, ma con le tette. Possibilmente alte, e da idratare tutte le sere con un’ottima crema, cosa che puntualmente disattendo perché a malapena trovo la forza di lavarmi i denti e struccarmi. Che tanto, anche quando me lo dimentico, me lo ricorda puntualmente qualcun altro: «Non puoi fare la comica con quelle tette», mi hanno commentato una volta. Chissà perché poi, le tette fanno molto ridere, soprattutto quando cadono su una buccia di banana.
La fine del 2019 ci aveva avviato già verso questa sorta di «cangiantismo multitasking». Nel paradosso dell’era del «tutti possono fare tutto», molte di noi si sono ritrovate a fare cose difficili, dall’affrontare la fine di un contratto lavorativo alla fine di un rapporto amoroso, in quest’ultimo caso mostrandosi distese e comprensive, arrivando financo a offrire sostegno psicologico a chi ci aveva mollato. Il famoso finale di Servi della gleba di Elio e le Storie Tese, ma ribaltato: «Mi vuoi mettere una scopa in culo così ti ramazzo la stanza?». E in questo super «omismo» femminile, ad alcuni ragazzi non rimane nulla, neanche il coraggio, comportandosi con le proprie ragazze come se si trovassero di fronte a un grizzly: fingendosi morti. Sembra molto difficile, quasi impossibile terminare una relazione mantenendola nell’antro più comune del senso della decenza, eppure, il mondo delle relazioni riserva sempre infinite sorprese. Come il Covid a Marzo. «Ti lascio», sembrano parole impossibili da dire. Come scottassero, come si dovessero prendere con le presine. E allora alcuni la prendono alla larga, seminando indizi. Alla fine, la relazione diventa un Giallo Mondadori. Smettono di seguirti su Instagram, ti tolgono i like, per poi metterti di fronte alla ferale e ineluttabile verità al grido di «ma non ti sei accorta di niente?!». Eh no, povero coglione, sono la tua fidanzata, non il social media manager del tenente Colombo. Ma comunque, la risoluzione del casus belli è ancora lontana.
Serviranno altre domande, più o meno dirette, per indurre il poverino a confessarci l’inconfessabile segreto, che vogliono liberarsi di noi, ignari del fatto che se devo stare con uno che misura la crisi della relazione dai like su Instagram, meglio fidanzarsi con altro, magari un armadio che alla fine può essere anche utile se è senza tarli.
Ma molte donne non si arrendono, «ho bisogno di capire, ci sarà del buono», e la risposta è no, non c’è mai del buono. E allora la donna del 2020, cosa fa, attua il «cangiantismo», arriva in soccorso del poveretto, del derelitto che non riesce a pronunciare le fatidiche parole, trasformandosi in terapeuta e pronunciandole al suo posto: «Ma non ho capito, mi stai lasciando?». E lì signori, magia. Living the Magic. Inizia questa maieutica di Socrate in cui le donne, madri, amanti, complici, terapeute devono cavare fuori dalla bocca del fidanzato il fatto stesso che le porterà a essere lasciate, in sintesi: si lasciano da sole.
Un paradosso ai livelli di Zenone, in cui la donna non solo deve cercare di mettere ordine tra i bofonchi del «eh, ma ahqkj892z la Juve, la Champions, il problema tra di noi è la distanza…», ma anche cavarne un significato atto alla liberazione dal senso di colpa; la donna di inizio 2020 è talmente performante – come una Panda 4×4 – che non solo si lascia da sola, ma deve anche tranquillizzare il suo «lasciatore», lei che stava benissimo deve contribuire volontariamente all’eutanasia del suo rapporto amoroso, manco fosse Marco Cappato e avesse scritto «Dignitas» di Zurigo in fronte, un po’ come se a Giovanna d’Arco sulla pira avessero detto «Giovà, che c’hai da accendere che non mi ritrovo nulla, così te dò foco».
Poi per la donna di inizio 2020, il 2020 che prende piede e arriva al Covid, così la quarantena pone nuovi esaltanti sfide: il pane fatto in casa, le lezioni di yoga, le dirette, fatte e viste, l’intrattenimento perpetrato, ma anche subìto. Innanzitutto facciamoci un applauso. Di base, il peggio pare sia passato, anche se è luglio e tutto può ancora succedere. Ne usciremo migliori, ha detto qualcuno. Io onestamente non lo so. So solo che le prove, per una donna nel 2020 (oggi come allora), sono davvero tante e a furia di dribblarle, ci sono venute due cosce alla Lukaku. In generale penso che «le cosce grosse così»… di questo essere sempre pronte, sempre presenti, sempre attive, di essere multitasking, le abbiano un po’ tutti. Ecco, a tutte le donne che mi leggono vorrei fare questo augurio per quel che resta di questo 2020, che comunque potrebbe sempre sorprenderci con un nuovo coup de théâtre, perché mai direi mai: sorprendiamolo noi. Diventiamo monotasking. Riprendiamo i nostri diritti. Proviamo a non essere più delle donne, ma degli esseri umani, che non si adattano più alle mostruosità della vita, ma rispondendo «No grazie». La donna del 2020 sembra che si sia rotta le palle, ma non è così, è semplicemente diversa. È monotasking.
Foto: Mirta Lispi