CARPI Oltre due ore particolarmente intense, utili a delineare come si siano sviluppati i concitati momenti del febbraio 2019 quando divenne di dominio pubblico il fantomatico dossier sul sindaco Alberto Bellelli e le ipotesi – mai riscontrate – sull’acquisto della sua casa. Se n’è parlato in tribunale a Modena, davanti al giudice Federico Maria Meriggi, che più volte ha sollecitato le parti a rimanere all’interno del perimetro delle accuse senza divagare. Perché il processo sul tentativo di diffamazione al sindaco, che vede imputati l’ex vice sindaco Simone Morelli e un ex attivista della Lega, ha segnato ieri un paio di passaggi importanti per comprendere cosa covava in quei mesi di indagini dei carabinieri di Carpi.
È stato l’attuale vice sindaco, Stefania Gasparini, a svelare il clima nato intorno alla documentazione che qualcuno ambiva a rendere pubblica. «Segnalai agli investigatori alcuni messaggi sul tema che mi arrivarono. Si parlava di un’interrogazione che sarebbe dovuta essere presentata in Regione relativa ad una vicenda legata al sindaco. Il contesto politico di quel momento faceva ipotizzare il tentativo di infangare Bellelli. E il pensiero su chi avesse potuto ideare quella cosa andava a Morelli».
Il nome dell’ex vice sindaco emerge con forza nella testimonianza di una giornalista che prima si avvale del segreto professionale, ma poi è obbligata a testimoniare come ordinato dal giudice. «Nel febbraio 2019 avevo saputo della denuncia fatta dal sindaco sul presunto dossieraggio. Presi contatto con un attivista della Lega per avere l’interrogazione di cui si parlava e lui mi mandò una bozza. Mi disse che era coinvolto Morelli, e che il vice sindaco aveva contribuito a quel documento. Non saprei in che forma anche perché l’attivista aggiunse che non aveva mai incontrato Morelli. Devo però dire che mai mi venne chiesto espressamente di scrivere un articolo».
La bozza finì invece sul tavolo dell’allora procuratore di Modena, Lucia Musti. «Chiesi un incontro per fare presente che aveva alcuni documenti che potevano servire alle indagini e nei quali si ipotizzava un reato. Sapevo che c’era la denuncia del sindaco e per quello scelsi di non pubblicare la notizia. Menzionai la cosa solo alcuni giorni dopo in un pezzo più generale e poco dopo venni chiamato in Procura dal pubblico ministero Claudia Natalini per essere sentita a sommarie informazioni». l
