A Roma il Museo interattivo racconta gli Internati Militari Italiani
Una visita a via Tasso per non dimenticare che la nostra Libertà è stata dire no al nazifascismo.
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25 aprile, la Liberazione. In questi giorni se ne è parlato tanto, e oggigiorno, con il surplus di media con cui abbiamo a che fare quotidianamente, si rischia spesso di andare incontro a un effetto opposto, di appiattimento e ascolto superficiale da parte del pubblico. Ma a Via Tasso a Roma fin dal 1955 è presente il Museo storico della Liberazione che espone oggetti concreti di chi ha sofferto quei giorni e non ha goduto subito della libertà tanto agognata. Via Tasso fa rima con Fosse Ardeatine, ci ricorda le scene immortali di “Roma città aperta”.
In un percorso interattivo di conservazione e trasmissione della memoria, troviamo quella dedicata agli IMI, gli Internati Militari Italiani, come raccontano i volontari dell’Associazione che prestano la loro cura al museo a Roma in Via Labicana nei pressi del Colosseo, viene mostrata un’emozione che davvero commuove.
Fino all’8 settembre 1943, questi militari avevano combattuto a fianco dei tedeschi come alleati; dopo l’armistizio, furono posti davanti alla scelta di passare dalla parte tedesca ma rifiutarono in massa. Per questo, fu loro tolto lo “status” di prigionieri di guerra e attribuito quello di “internati”, non poterono godere della protezione degli accordi internazionali, primo tra tutti la Convenzione di Ginevra, e neppure della tutela della Croce Rossa Internazionale e delle altre organizzazioni umanitarie. Con il loro NO pagarono pesantemente la fedeltà al giuramento prestato all’Italia, venendo deportati nei campi di concentramento in Germania e sottoposti al lavoro “coatto”.
A fronte di fame, sevizie e umiliazioni di ogni tipo, in circa 700mila continuarono ad opporsi ad ogni forma di collaborazione con i nazifascisti. Oltre 50mila morirono nei campi, altrettanti al ritorno in patria per le malattie contratte durante la prigionia. Tra essi, anche più di duemila Carabinieri della Capitale.
Quello dedicato ai martiri della Liberazione è un Museo di concezione contemporanea, che non si limita ad esporre oggetti e didascalie, ma punta sull’emozione del visitatore. Solo entrare in questi ambienti, dove negli anni dell’occupazione nazista si trovavano il carcere e la caserma delle SS a Roma, mette i brividi. Negli ambienti venne compiuto un restauro in parte conservativo e in parte ricostruttivo. I contenuti del Museo sono costituiti dal fondo istituzionale e da diversi fondi aggregati, banche dati e piattaforme documentali, consultabili in maniera interattiva ma anche con il supporto umano del suo personale. Forse il termine Museo è ormai poco adatto a definire un luogo vivo come questo, che ospita diverse iniziative di ricerca storico-documentaria realizzate per arricchire la documentazione e ampliare le conoscenze, ed è in contatto con istituzioni analoghe e luoghi di memoria in Europa e nel resto del mondo.
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