Sequestro da 10,8 milioni a Marcello Dell’Utri e alla moglie, dopo la condanna per mafia non dichiararono i prestiti di Berlusconi e altre entrate
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Il giudice per le indagini preliminari di Firenze, Antonella Zatini, vista la richiesta presentata dal pm il 19 gennaio 2024 di sequestro preventivo fino alla somma di 20 milioni 430mila 213 euro, nel procedimento contro Marcello Dell’Utri, ha disposto il sequestro fino a 10 milioni e 840mila euro nei confronti di Marcello Dell’Utri e fino […]
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Il giudice per le indagini preliminari di Firenze, Antonella Zatini, vista la richiesta presentata dal pm il 19 gennaio 2024 di sequestro preventivo fino alla somma di 20 milioni 430mila 213 euro, nel procedimento contro Marcello Dell’Utri, ha disposto il sequestro fino a 10 milioni e 840mila euro nei confronti di Marcello Dell’Utri e fino alla somma di 8 milioni e 250mila euro anche nei confronti della moglie Miranda Ratti. Le due cifre non si sommano. Nel senso che, secondo i pm fiorentini e il Gip, alla fine dell’eventuale processo, in caso di condanna, se le tesi dell’accusa reggessero, sarà confiscato un valore totale di 10 milioni e 840 mila euro. Solo 2 milioni e 590 mila euro dei quali sequestrati a Marcello Dell’Utri ‘direttamente’. Il grosso dell’importo pari a 8 milioni e 250 mila è rappresentato dalle entrate sui conti di Miranda Ratti che sono oggetto del decreto di sequestro perché, sempre per i magistrati, sarebbero sostanzialmente riferibili al marito Marcello. Stavolta le stragi del 1993 non c’entrano, se non di rimbalzo perché sono la ‘scusa’ per radicare la competenza su Firenze. Il sequestro discende da una contestazione diversa e più formale.
L’ipotesi dell’accusa – Secondo l’ipotesi dei pm Luca Tescaroli e Luca Turco, Marcello Dell’Utri non avrebbe rispettato la norma che impone ai condannati in via definitiva per fatti di mafia di comunicare ogni aumento o diminuzione del patrimonio personale. Chi omette la comunicazione nei termini previsti commette un reato punito con due anni e sei mesi più, e qui viene l’aspetto dolente per il cofondatore di Forza Italia, la confisca dei beni e delle somme incamerate in aumento più la confisca per equivalente della somma pari alle cessioni in diminuzione del patrimonio, ove non comunicate. Questa doppia tagliola, in entrata e uscita, è stata applicata sia a Dell’Utri che alla moglie (mai indagata nei procedimenti del marito) perché le entrate sono state ritenuti riferibili a Marcello. A nulla è valso il loro divorzio pronunciato il 10 giugno 2020 dal Tribunale di Milano che i pm ritengono fittizio. Le cifre contestate dai magistrati sono superiori a quelle del sequestro per effetto anche della prescrizione.
L’omissione delle entrate – Per il Gip Marcello Dell’Utri ometteva di comunicare entro i termini stabiliti dalla legge variazioni patrimoniali per un ammontare complessivo di 42 milioni e 670 mila euro, una somma enorme risultante dalla somma di variazioni patrimoniali positive (3 milioni e 809 mila euro direttamente riconducibili a Marcello Dell’Utri più 22 milioni e 102 mila indirettamente riconducibili a Marcello per il tramite di Miranda Ratti) e variazioni negative (meno 3 milioni e 125 mila euro direttamente riconducibili a Marcello e meno 13 milioni 642 mila indirettamente riconducibili a Marcello per il tramite di Miranda Ratti). C’è di tutto. I prestiti e le elargizioni provenienti da Silvio Berlusconi fanno la parte del leone ma non mancano compravendite di immobili e opere d’arte o bonifici provenienti da case editrici di quotidiani, probabilmente per cause di diffamazioni vinte.
Alcuni periodi prescritti – La differenza tra l’ammontare contestato (42,6 milioni) e quello sequestrato (10,8 milioni) discende soprattutto dall’operare della prescrizione. Come è noto l’ex senatore di Forza Italia è stato condannato con sentenza definitiva depositata dalla Cassazione il primo luglio 2014 per concorso esterno in associazione mafiosa per i suoi rapporti con la mafia fino al 1992 e per il suo ruolo di mediazione nei rapporti estorsivi di Cosa Nostra nei confronti di Silvio Berlusconi (mai imputato) e delle sue aziende. La legge n. 646 del 1982, la cosiddetta legge Rognoni-La Torre mira a colpire nel portafoglio i soggetti legati alla mafia. Così all’articolo 81 comma II c.p. prevede che il condannato debba comunicare per un periodo di 10 anni post-sentenza le variazioni ogni anno entro il 31 gennaio gli arricchimenti e i depauperamenti.
Dell’Utri secondo il Gip Zatini non avrebbe rispettato questo onere. Il reato previsto dall’articolo 81 comma II però si prescrive in sei anni che decorrono dallo scadere del termine per la comunicazione. Dunque sono entrati nel mirino del sequestro fiorentino solo le entrate e uscite post 31 gennaio 2017 perché le altre andavano comunicate prima del 31 gennaio 2018, più di sei anni fa, dunque le omesse comunicazioni sono fatte salve dalla prescrizione. Le variazioni patrimoniali positive che vengono dai bonifici di Berlusconi sono imponenti.
I presidi infruttiferi di Berlusconi – Solo sul conto di Miranda Ratti presso Banca Intesa-San Paolo dal 2016 al 2020 sono entrati 10,5 milioni di euro come ‘prestiti infruttiferi’ di Silvio Berlusconi. La competenza è radicata correttamente, secondo il Gip, a Firenze perché Marcello Dell’Utri è indagato da anni nel capoluogo toscano come concorrente (ipotesi già scartata nei decenni passati dagli stessi pm) per le stragi del 1993 realizzate da Cosa Nostra. In quell’indagine Dell’Utri era indagato con Silvio Berlusconi e secondo i pm ci potrebbe essere una connessione tra i pagamenti e l’intento di occultare qualcosa che dell’Utri sa. Il Gip non entra nella disamina del merito sul reato più grave ma ammette la tesi del pm sulla connessione con il reato minore. La tesi della connessione dei pagamenti contestati alle stragi ‘persuade’, solo per questa valutazione superficiale ai fini della competenza, il Gip. Così il procedimento del sequestro di dubbia competenza resta a Firenze.
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