Andrey Rublev si prende a racchettate a Wimbledon: ecco perché alcuni sportivi non riescono a trattenere la rabbia
E niente, l’ha fatto di nuovo. Come al Roland Garros, anche durante il torneo di Wimbledon il tennista russo Andrey Rublev si è fatto prendere da uno scatto d’ira violento sfociato in autolesionismo. Per nulla contento di come stava giocando e della piega che stava prendendo la partita, a un certo punto è arrivato lo scoppio di rabbia e Rublev ha presto a picchiarsi con la racchetta sul ginocchio per punirsi. Ben sette “martellate” sulla povera articolazione della gamba, provocandosi così una leggera ferita. Anche in passato, grandi tennisti come John McEnroe e Jimmy Connors si sono resi famosi per scene rabbiose durante i match. Solo che la loro rabbia non la scaricavano su se stessi, ma contro arbitri, giudici di linea o il pubblico stesso. E con un’altra differenza sostanziale: dopo questi scatti furiosi, spesso alla fine vincevano. Mentre Rublev, diverse volte finisce la partita sconfitto; a Wimbledon, contro l’argentino Francisco Comesaña, numero 122 al mondo.
Il tennista russo – che è numero 7 al mondo – ha ammesso di non sapere gestire la rabbia e ha parlato di un senso di frustrazione angosciante che lo ha pervaso di nuovo, durante l’ultima sfida. Fa specie la sua spiegazione dei suoi gesti autolesionistici: “Non mi colpirei se potessi sbattere la racchetta per terra”, ha dichiarato Rublev in conferenza stampa, “non ci è permesso di lanciarla sull’erba. E io in quel momento non ne potevo più, avevo bisogno di sfogare le mie emozioni”. In altre parole, per non incappare in una penalità, l’atleta preferisce sfogarsi procurandosi del male.
Dietro la rabbia
Ma perché alcuni sportivi non riescono a trattenere la rabbia? Le risposte possono essere varie. Prima di tutto, “bisogna considerare che la rabbia può avere diversi significati interiori, come il bisogno di difendere se stessi o i propri valori, la frustrazione per situazioni non controllabili o il desiderio di affermarsi in contesti, come nel nostro caso, molto competitivi”, spiega la dottoressa Elisa Caponetti, psicologa e psicoterapeuta. “Teniamo conto che gli sportivi professionisti sono sottoposti a una fortissima pressione esterna (da parte degli allenatori, dei familiari, dei compagni di squadra o dei tifosi); questa pressione a volte può diventare così grande al punto da non essere gestita in modo funzionale, portando alcuni di loro a compiere gesti impulsivi e aggressivi”.
Provando a schematizzare, la rabbia a quali significati interiori rimanda?
“Sono diversi. Per esempio:
– la repressione delle emozioni, quali la tristezza, la paura o la delusione;
– una sensazione di impotenza di fronte a una situazione o a un problema che sembra insormontabile;
– il risultato di una serie di frustrazioni accumulatesi nel tempo e non espressa in modo sano;
– un senso di ingiustizia percepito nei confronti di sé stessi o degli altri;
– una bassa autostima o conflitti interiori non risolti.
In generale, la consapevolezza e la comprensione delle emozioni possono aiutare a gestire la rabbia in modo sano ed efficace. È importante notare che la capacità di controllarla può variare notevolmente da persona a persona e dipende da una varietà di fattori, tra cui l’esperienza, il training e la disposizione emotiva”.
Il decalogo antirabbia
A questo punto, può indicarci alcune regole da osservare utili, non solo agli sportivi, per evitare di andare in forte compressione a tal punto da “esplodere”?
“È importante innanzitutto imparare a riconoscere la propria rabbia in modo costruttivo per evitare che possa diventare distruttiva per sé stessi e gli altri. In ogni caso, e questo vale per tutti noi, è importante imparare a riconoscere le proprie emozioni, cercando di adottare adeguate strategie di gestione dello stress così da riuscire a sviluppare appropriate abilità di regolazione emotiva necessarie a evitare comportamenti impulsivi e dannosi durante la pratica sportiva, e non solo.
È quindi particolarmente utile:
1. Imparare a respirare profondamente e controllare la propria emotività, come fanno spesso gli atleti di alto livello che devono mantenere la calma anche sotto pressione.
2. Distogliere l’attenzione dalla fonte della rabbia e concentrarsi su qualcos’altro, come per esempio una strategia di gioco o un obiettivo da raggiungere.
3. Praticare regolarmente attività fisica per scaricare lo stress e l’energia accumulata.
4. Parlare con qualcuno di fiducia per sfogarsi e ricevere supporto emotivo.
5. Imparare a perdonare e lasciar andare le situazioni che causano rabbia, come gli errori degli arbitri o dei compagni di squadra.
6. Evitare di reprimere le emozioni e cercare di esprimere in modo costruttivo la propria rabbia.
7. Imparare a riconoscere i segnali fisici che precedono l’esplosione della rabbia, come il battito accelerato del cuore o la tensione muscolare, e intervenire prima che sia troppo tardi.
8. Essere consapevoli delle proprie reazioni e cercare di capire le cause profonde di quella rabbia, che possono risalire a situazioni passate non risolte o a problemi personali non affrontati.
9. Imparare ad aumentare la consapevolezza di sé e delle proprie emozioni.
10. Infine, cercare aiuto professionale se la rabbia diventa troppo difficile da gestire da soli, per esempio attraverso la consulenza psicologica o la terapia”.
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