Giudizio negativo di Oxfam sul Global Gateway, il nuovo piano infrastrutturale europeo pensato per dare alla Ue maggiore autonomia strategica nelle relazioni politiche ed economiche con il resto del mondo e rispondere allaBelt and Road Initiative cinese. Stando a un’analisi della ong, su 40 progetti inseriti nel piano 25 “sosterranno aziende europee come Siemens, Moller Group o Suez”. Solo il 16% invece “porterà investimenti in settori chiave per lo sviluppo dei paesi più poveri come salute, istruzione e ricerca”. Il rischio quindi è quello di dirottare verso aziende private gran parte delle risorse che dovrebbero invece essere destinate alla crescita dei paesi in via di sviluppo. “In un quadro di mancanza di trasparenza, a scapito sia del contribuente europeo che delle popolazioni locali, emergono seri rischi di colossali conflitti di interesse“, ha commentato Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia.
Partendo dal presupposto che la principale fonte di finanziamento del Global gateway è il budget comunitarioper gli aiuti allo sviluppo, Oxfam sostiene che sia stata violata la regolamentazione europea in materia. Sulla base dei dati raccolti dall’organizzazione – nel quadro finanziario pluriennale 2021 – 2027 – i fondi stanziati per il progetto andranno a difendere gli interessi geopolitici ed economici europei anziché promuovere uno sviluppo sostenibile e duraturo nei paesi poveri. Le prove contenute nel rapporto sollevano la preoccupazione che il progetto nasconda una strategia dell’UE mirata a utilizzare i finanziamenti per aumentare la sua influenza a livello mondiale.
Come riportato da ISPI, sono diversi i settori su cui il progetto europeo punta ad investire. Tra questi industria, difesa, spazio e infrastrutture. Il progetto però, scrive Oxfam, “è stato promosso come alternativa alla crescente presenza geopolitica ed economica della Cina – nei paesi del Sud del mondo – attraverso la sua Belt and Road Initiative, concepita per finanziare grandi progetti infrastrutturali. Nella parte finale del report, Oxfam nota che il progetto “incoraggia la privatizzazione delle infrastrutture e dei servizi pubblici nel Sud del mondo e questo rischia di aumentare il debito dei paesi partner”, proprio come avvenuto con l’iniziativa di Pechino.
Visto che diversi attori privati avranno la possibilità di investire in Paesi con cui esistono legami coloniali storici, c’è il rischio concreto – aggiunge la ong – che possa svilupparsi un approccio di controllo e sfruttamento neo coloniale. E ancora. “I rischi di impatti negativi sui diritti sono evidenti”, denuncia l’organizzazione, perché “il progetto sta finanziando aziende e paesi con precedenti problematici sui diritti umani.”
Per concludere, Oxfam evidenzia che i paesi del Sud del mondo sono stati completamente esclusi dalla fase di progettazione e definizione delle priorità, definite invece unicamente dalla Commissione Europea e dal suo Alto Rappresentante. Questo, ancora una volta, tradisce il principio che dovrebbe essere alla base di tutto: la cooperazione internazionale.
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