Ministri Ue in visita ad Al Jolani in Siria: ma per la tedesca Baerbock niente stretta di mano perché donna
Sono arrivati a Damasco per incontrare il nuovo leader siriano Ahmed al-Sharaa (conosciuto anche come al-Jolani), nella visita di più alto livello da parte di esponenti di Paesi occidentali da quando Assad è stato deposto l’8 dicembre. A rappresentare i 27 Paesi Ue e le istituzioni comunitarie sono state la tedesca Annalena Baerbock e il suo omologo francese Jean-Noel Barrot, esponenti dei due Paesi europei forse con i maggiori legami, per tradizione storica e presenza di rifugiati siriani, con il Paese mediorientale. Ma se il capo dei ribelli ha salutato con una stretta di mano il ministro Barrot, non ha riservato la stessa accoglienza all’omologa tedesca Baerbock. Per lei solo un cenno del capo e niente stretta di mano in quanto donna. Un gesto che ha scatenato molte polemiche.
Le polemiche per la mancata stretta di mano – Come sottolineato dai media tedeschi, in quanto islamista, al-Jolani generalmente non stringe la mano alle donne. Un piccolo gesto di saluto, come quello rivolto a Baerbock, può già essere visto come una forma di cortesia. La ministra tedesca non è sembrata preoccuparsi della mancata stretta di mano. Tuttavia, il saluto del leader siriano de facto ha suscitato indignazione sui social media e dubbi sul fatto che la Siria possa trasformarsi in un regime simil-talebano. Un utente ha commentato: “Mi sarei recato lì solo se fosse stato chiaro fin dall’inizio che avrebbe stretto la mano a Baerbock in pubblico”. Alcuni utenti hanno anche chiesto perché si sia cercato il dialogo nonostante questi gesti. “La Germania negozia con i terroristi e per questo viene umiliata”, ha scritto un altro utente. Baerbock e Barrot, primi ministri degli Esteri dell’Ue a recarsi a Damasco, hanno anche visitato la famigerata prigione per le torture di Assad, Sednaya. L’obiettivo del viaggio è quello di avere colloqui con il governo di transizione insediato dai ribelli e di farsi un’idea della situazione sul campo.
La posizione dell’Europa – I 27 muovono i primi passi nella nuova Siria guidata da al-Jolani, in un contesto ancora segnato dalla precarietà, con gli Usa e non solo impegnati ad attaccare le postazioni dell’Isis presenti sul territorio e Israele che continua a occupare la zona cuscinetto sul Golan. Ed è in questo contesto che l’Ue ha voluto assicurare una sponda politica e soprattutto finanziaria, ma ad alcune condizioni. “L’Europa sosterrà” la Siria nella sua transizione ‘ma non finanzierà nuove strutture islamiste. Questo non è solo nel nostro interesse di sicurezza, ma anche quello che ho sentito ripetere da molti siriani in Germania, e qui nella regione”, ha spiegato Baerbock, delineando una posizione che, dopo l’attentato a Magdeburgo prima di Natale e quello a New Orleans a Capodanno è destinata a rafforzarsi.
La transizione voluta dall’Ue – La missione a Damasco, allo stesso tempo, certifica la volontà dell’Ue di dare un robusto credito alla nuova leadership siriana. “È con questa mano tesa, ma anche con chiare aspettative, che ci rechiamo oggi a Damasco: vogliamo sostenerli in un trasferimento di potere inclusivo e pacifico, nella riconciliazione della società, nella ricostruzione”, ha spiegato Baerbock laddove Barrot ha aggiunto la necessità di arrivare ad una “soluzione pacifica con i curdi, alleati della Francia, affinché siano pienamente integrati in questo processo politico”.
Cosa vuole al Jolani – Dall’altra parte, per al-Jolani il primo obiettivo è la fine delle sanzioni europee e occidentali ancora in vigore contro Damasco. A fine gennaio il tema potrebbe finire sul tavolo del primo Consiglio Affari Esteri dell’Ue del 2025. E la sensazione è che il consenso nei 27 per un graduale ammorbidimento delle sanzioni possa allargarsi. La Siria, per l’Ue, ha una importanza cruciale su almeno due fronti. Il primo, geopolitico, sta nell’avvicinamento ad un territorio storicamente sotto l’egida della Russia. Il secondo riguarda la migrazione e il rientro volontario dei rifugiati. Finora, secondo l’Onu, più di 115mila siriani sono tornati in patria. Numeri che, per gli assertori di una Europa quasi totalmente chiusa ai migranti, andrebbero incrementati.
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