Aviaria, Pregliasco: “Conosciamo solo la punta dell’iceberg”. Dimessa l’adolescente canadese
Mentre dal Nord America sono arrivate due notizie contrastanti su primi casi umani gravi di influenza aviaria (il paziente deceduto in Louisiana, le dimissioni dopo due mesi di ricoveri dell’adolescente canadese, ndr), gli esperti italiani ed europei invitano al monitoraggio e alla sorveglianza della diffusione del virus H5N1 che è stato rilevato solo in uccelli selvatici e pollame. Diversa la situazione Usa dove da diversi mesi l’epidemia si è diffusa tra i bovini da latte e sono stati registrati diversi casi umani tra i lavoratori del settore caseario.
“Quello che inquieta rispetto al passato è che il virus sta circolando in vari mammiferi, in particolare tra le mucche da latte: negli Usa ci sono stati più di 500 focolai, oltretutto non ben gestiti” dice Fabrizio Pregliasco, docente all’Università Statale di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio in una intervista a Today. “Siamo a conoscenza solo della punta dell’iceberg, di un piccolo gruppo di persone che hanno contratto l’infezione al di fuori del quale potrebbero esserci moltissimi casi asintomatici o lievi sfuggiti alla sorveglianza. D’altronde – prosegue – tutti i casi emersi sino ad oggi, tranne alcuni poco chiari, sono collegati esclusivamente a un contatto diretto con uccelli e bovini infetti”.
Il caso canadese – Intanto dal Canada è arrivata la notizia delle dimissioni dell’adolescente, una ragazzina di 13 anni, primo caso umano grave di influenza aviaria H5N1. Per settimane le condizioni sono rimaste stabili ma critiche: la paziente è stata ricoverata due mesi. Secondo un articolo del New England Journal of Medicine firmato dai funzionari sanitari della Columbia Britannica, l’adolescente è arrivata al British Columbia Children’s Hospital di Vancouver con insufficienza respiratoria, polmonite al polmone sinistro, danni ai reni, una bassa conta piastrinica e un livello inferiore alla norma di leucociti anti-malarici nel sangue. Per diversi giorni la ragazzina è stata ricoverata in rianimazione. La fonte della sua esposizione al virus H5N1 non è stata ancora determinata.
L’analisi filogenetica condotta dagli scienziati canadesi – nelle settimane precedenti – mostrava che il campione della paziente presentava differenze con quelli analizzati dal virus del pollame colpito in Canada ed era strettamente correlato anche se ma non identico ai campioni di due oche trovate morte nella Fraser Valley della Columbia Britannica all’inizio di ottobre. Fraser Valley è l’area di provenienza della paziente. L’ipotesi quindi è che esista una fonte intermedia, come un altro uccello selvatico o un animale.
I contatti con il caso Usa – Nel frattempo, il Centro per il controllo delle malattie della Columbia Britannica- come riporta il Vancouver Sun – ha dichiarato di stare confrontando le caratteristiche genetiche del caso di influenza aviaria dell’adolescente con quelle di un paziente della Louisiana. Il paziente statunitense condivideva una delle tre mutazioni genetiche identificate nel caso canadese, che secondo gli infettivologi potrebbero facilitare la diffusione del virus da persona a persona. Al momento però non c’è nessun caso registrato o segnalato di trasmissione interumana.
In Europa – Al momento non sono stati riportati casi nell’uomo nell’Unione Europea. L’Istituto Superiore di Sanità (Iss,) in una pagina faq pubblicata sul suo sito, ricorda che la maggior parte dei virus aviari sono relativamente innocui per l’uomo, “tuttavia qualche ceppo virale può presentare mutazioni che aumentano il potenziale di infettare altre specie, compreso l’uomo”. I casi umani, ricorda l’Iss, possono peraltro essere asintomatici o con sintomi lievi. Secondo l’Ecdc (il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie, ndr), “ad oggi il rischio infezione per la popolazione generale è basso e può diventare moderato solo per i lavoratori o altro personale esposto in un allevamento in cui siano presenti casi confermati“. Al momento in Italia non si segnalano infezioni in allevamenti di bovini, mentre, come accade ormai da diversi anni, ci sono stati focolai in allevamenti di volatili analogamente ad altri paesi europei.
In Europa la Commissione Ue monitora la situazione dell’influenza aviaria insieme all’European Centre of Disease Prevention and Control (Ecdc), alla European Food Safety Authority (Efsa) e all’European Reference Laboratory (Eurl) for Avian Influenza. Quanto alle modalità di trasmissione dell’aviaria, secondo l’Efsa, aggiunge l’istituto, “non c’è nessuna evidenza che l’influenza aviaria possa essere trasmessa all’uomo mediante consumo di carne contaminata e la principale via di trasmissione è per l’inalazione di particelle solide o liquide contaminate dal virus”. Infine per i gatti o i cani non possono essere esclusi i rischi di infezione: meglio quindi evitare il contatto con uccelli selvatici, in vita o deceduti, ed evitare di alimentarli con carne cruda o altri prodotti provenienti da allevamenti non controllati durante i periodi di circolazione virale.
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