Contro la separazione delle carriere di Nordio Md va all’attacco: “Via dall’aula quando parlerà il ministro”
Una protesta più incisiva e forte di quella che era allo studio dell’Associazione nazionale magistrati per contrastare la riforma firmata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Magistratura democratica chiede di mettere da parte forme di protesta “deboli e tiepide” e agire invece con “gesti visibili e determinati, in difesa della Costituzione” contro la separazione delle carriere che oggi ha ricevuto il primo via libera alla Camera. L’idea dell’Anm prevedeva che i magistrati indossassero la toga addosso e impugnassero un foglio con frasi a effetto sulla Costituzione alle inaugurazioni dell’anno giudiziario, in programma il 25 gennaio nelle sedi di Corte d’Appello: e in particolare alla cerimonia di Napoli, dove sarà presente il Guardasigilli.
Md chiede invece che “i magistrati, con toga indosso e copia della Costituzione alla mano, abbandonino l’aula, in forma composta, nel momento in cui il rappresentante del ministro prenderà la parola”. Si tratta, dicono, di una “reazione davvero all’altezza delle aggressioni che, contro la Costituzione e i diritti dei cittadini, si vogliono portare con la riforma”.
Forme di protesta “decise e ferme” sono “le sole e uniche cui si può ricorrere quando in gioco vi è la difesa della Costituzione e, con essa, i diritti dei cittadini: tutti messi a rischio dal momento che, con la riforma in cantiere, si finirà per negare loro il fondamentale diritto ad un giudice e un pubblico ministero entrambi autonomi e non dipendenti da alcuno, se non da legge e Costituzione”, affermano i magistrati di Md.
Con la separazione delle carriere “si intende istituire e creare qualcosa di radicalmente nuovo: un nuovo ‘corpo di burocrati, benché chiamati giudici, ed un nuovo ‘corpo di accusatori’, non più pubblici ministeri orientati a fini di giustizia e perciò autonomi e indipendenti, bensì avvocati della polizia, dipendenti dalle investigazioni della polizia e, in ottica futura, destinati a finire sotto il controllo del potere esecutivo e del governo di turno”. Tutto ciò significa “porre fine ad una giurisdizione amministrata da magistrati che diano, ai cittadini, risposte di giustizia calibrate sul metro della legge e delle promesse sancite dalla Costituzione repubblicana, per aprire il varco ad una giustizia consegnata nelle mani di un corpo di funzionari e di burocrati accusatori”.
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