I mimi del Teatro dell’Opera di Roma denunciano: “Retribuiti 5 euro lordi l’ora, 500 euro netti al mese e le prove le facciamo gratis”
“Io lavoro al Teatro dell’Opera di Roma dal 2019, ho fatto circa una decina di produzioni – racconta Raffaele (questo è un nome di fantasia), che preferisce rimanere anonimo per paura di non essere più richiamato a lavorare – la paga è bassa: 4 o 5 euro lorde l’ora, io sono arrivato a percepire anche 500 euro netti per un mese di lavoro”. A denunciare non è solo Raffaele, ma anche il sindacato Slc Cgil Roma e Lazio, che lancia l’allarme sulla situazione di tutti quei professionisti che al Teatro dell’Opera di Roma svolgono il ruolo dei mimi, cioè attori o attrici, danzatori e danzatrici che recitano senza l’uso della parola. “Queste figure artistiche non sono normate dal contratto collettivo nazionale del lavoro – spiega Laura Aluisi di Slc Cgil Roma e Lazio – lavorano ‘a progetto’. A loro non vengono retribuite le prove, ma solo le repliche, motivo per cui se un mimo si ammala e non va in scena, non viene pagato”.
Questo è quello che è successo a Simona (anche questo un nome di fantasia) che a una settimana dal debutto, è stata ricoverata in ospedale per cinque giorni a causa di un’infezione. “Una volta dimessa, il medico mi ha detto che sarei dovuta rimanere dieci giorni a riposo – spiega – io invece ho chiesto di non avere la prognosi obbligatoria, perché se no per il mio mese di prove non avrei percepito neppure un euro. Sono andata in scena debilitata, è stata una situazione gravissima”. Nei contratti, spesso scritture private, viene scritto, tra le altre cose, che non bisogna allontanarsi da Roma per rimanere sempre a disposizione del teatro e che l’artista non può svolgere prestazioni per altri per almeno sei mesi dalla data di sottoscrizione del contratto con l’Opera. Per questo il sindacato ha inviato una lettera all’assessorato alla Cultura del Comune di Roma: “Chiediamo paghe dignitose, che vengano loro retribuite le prove, che vengano insomma riconosciuti come artisti”.
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