Mediobanca boccia l’offerta del Monte dei Paschi benedetta dal governo: “Ostile, distrugge valore e senza senso industriale”
Un’offerta “non concordata” e soprattutto “fortemente distruttiva di valore“. Con queste motivazioni, in breve, il cda di Mediobanca ha rigettato l’offerta pubblica di scambio lanciata da Monte dei Paschi. Mediobanca, si legge in una nota dell’istituto guidato da Alberto Nagel, ritiene che l’ops “non abbia valenza industriale pregiudicando l’identità e il profilo di business” di Piazzetta Cuccia, “focalizzato su segmenti di attività a elevato valore aggiunto e con evidenti traiettorie di crescita” e che “distrugga valore per gli azionisti” delle due banche “essendo facile prevedere una copiosa perdita di clienti in quelle attività (quali il wealth management e l’investment banking) che presuppongono l’indipendenza, la reputazione e la professionalità dei professionisti”.L’offerta di Mps “è da ritenersi ostile e contraria agli interessi di Mediobanca”. “Fermo restando che Mediobanca si esprimerà sull’offerta con le tempistiche, gli strumenti e secondo le modalità previste dalla legge, sulla base dell’analisi del comunicato il consiglio di amministrazione di Mediobanca ritiene l’offerta priva di razionale industriale e finanziario, e dunque distruttiva di valore per Mediobanca”. Anzi, affonda il comunicato, il calo in Borsa del titolo Mps dopo l’annuncio dell’offerta su Mediobanca “ne testimonia la fragilità del corso di borsa, che rende improbabile il buon esito dell’operazione”. “Rispetto al prezzo ‘undisturbed’ di Mediobanca di 15,23 euro alla chiusura del 23 gennaio 2025 l’offerta basata sul prezzo di borsa dell’offerente rappresenta uno sconto del 3% sulla base del prezzo di Mps del 27 gennaio (6,41 euro), uno sconto dell’7% guardando alla media a 3 mesi di Mps (6,15 euro) e uno sconto del 15% guardando alla media a 6 mesi di Mps (5,62 euro), uno sconto del 28% guardando alla media 12 mesi di Mps (4,77 euro)”.
La presa di posizione del consiglio di amministrazione di Mediobanca è stata approvata con l’astensione di Sandro Panizza e Sabrina Pucci, rappresentanti di Delfin e Caltagirone. “La presenza degli stessi azionisti in Mps, Mediobanca e Assicurazioni Generali nell’ambito di un’offerta esclusivamente in azioni, configura una potenziale disomogeneità negli interessi rispetto al resto della compagine azionaria” si legge ancora nella nota. “L’operazione è caratterizzata dai rilevanti intrecci azionari di Delfin e Caltagirone”. Mediobanca ricorda nel comunicato diffuso alla fine del cda sull’offerta di Mps che nel capitale di Piazzetta Cuccia Mediobanca Delfin ha una quota del 20% e Caltagirone del 7%,sulla base dello stacco del dividendo di novembre 2024; in Mps, la cassaforte guidata da Francesco Milleri è il primo azionista privato con il 10% mentre Caltagirone detiene il 5%, oltre a detenere il 5% di Anima Holding che a sua volta possiede il 4% di Mps; in Generali infine Delfin ha una partecipazione del 10% e Caltagirone del 7 per cento.
Il cda ritiene che l’offerta “sia negativamente caratterizzata dalla difficoltà a determinare il valore intrinseco dell’azione” di Mps “che presenta un patrimonio netto che fronteggia rilevanti attività fiscali, attività deteriorate e rischi di contenzioso legale (3,3 miliardi), indicatori di rischio peggiori rispetto alle altre banche italiane, rilevanti perdite pregresse, una marcata concentrazione geografica (70% filiali al centro-sud Italia) e di clientela (piccole media impresa), mancanza di fabbriche prodotto”.
L’assenza di un razionale finanziario viene spiegato con il “forte pregiudizio al profilo reddituale di Mediobanca, i cui utili su base stand alone sono previsti in crescita come previsto dal piano in esecuzione, mentre il consensus vede per Mps un calo degli utili per la riduzione del margine di interesse ed il progressivo venir meno dei benefici fiscali”. Si produrrebbe inoltre “una diluizione dei multipli valutativi di Mediobanca per il venir meno della prevista crescita di ricavi e utili, dell’elevata redditività (doppia di quella futuribile per il Mps al netto di un tax-rate normalizzato), della pressoché nulla esposizione al segmento delle piccole imprese, della crescita, anche di peso, del wealth management”.
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