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“Alberto Trentini libero”: lo striscione appeso dal municipio di Mestre. E la petizione per il suo rilascio supera le 40mila firme

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“Alberto Trentini libero” è lo striscione affisso nella sede di Mestre del Comune di Venezia. A promuovere l’iniziativa è stato il consiglio comunale in collaborazione con la famiglia e gli amici del cooperante di cui non si hanno più notizie dal 15 novembre scorso e che è detenuto in Venezuela. La presidente del Consiglio, Ermelinda Damiano, a nome dell’Assemblea, ha espresso vicinanza e solidarietà alla famiglia: “Ci auguriamo di avere al più presto sue notizie – ha dichiarato – e che il nostro concittadino torni a casa quanto prima”. Luca Eelis Tiozzo, portavoce della famiglia e degli amici di Alberto Trentini, ha fatto sapere che, oltre a quelle già promosse in questi giorni, si stanno organizzando nuove iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e per chiedere che venga al più presto liberato.

Su Change.org è stata lanciata una petizione per chiedere assistenza e rilascio immediato del cooperante: attualmente ha superato le 40mila firme. “Alberto si trovava in Venezuela per svolgere il suo lavoro”, dichiarano gli autori dell’appello, “come operatore umanitario sul campo, una missione che negli ultimi vent’anni lo ha visto impegnato con professionalità e dedizione. Ribadiamo con forza il principio fondamentale della protezione degli operatori umanitari ovunque nel mondo”.

Stando alle informazioni diffuse in una nota a metà gennaio e dall’avvocata Alessandra Ballerini, Trentini si trovava in Venezuela per una missione con la Ong Humanity e Inclusion per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. “Alberto era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 ed il 15 novembre mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito è stato fermato – si legge – ad un posto di blocco, insieme all’autista della ong. Dalle scarse e informali informazioni ricevute sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo Alberto sia stato trasferito a Caracas e, ad oggi, ci risulta ‘prigioniero’ in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione“. Oggi sarebbe sotto la custodia della Direzione generale di controspionaggio militare.

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