Caos autovelox, il Viminale prova a risolvere: ma la circolare sull’omologazione manda in tilt i sindaci. L’associazione: “Non vale nulla”
Dopo lunghi mesi di silenzio il ministero dell’Interno interviene sul caos autovelox. Con una circolare destinata alla prefetture – poi pubblicata dall’Anci e inoltrata ai sindaci – il Viminale fa il punto sulla storica disputa riguardante l’interpretazione dei termini “omologazione” e “approvazione“ per i dispositivi fissi di controllo della velocità. A rivoluzionare il contesto erano state, lo scorso anno, due pronunce della Corte di Cassazione: per i giudici approvazione e omologazione sono due procedimenti distinti con finalità diverse ed entrambi necessari. Peccato, però, che in Italia iter e criteri di omologazione degli autovelox non sono mai stati previsti: solo per fare un esempio, anche quelli utilizzati dalla Polizia stradale sono solamente approvati e non omologati. A fronte di queste decisioni – che rischiano di stravolgere l’intero mondo degli strumenti di controllo della velocità – governo e Parlamento in questi mesi non sono ancora intervenuti: il decreto di Matteo Salvini che ha nuovamente regolamentato gli autovelox e la riforma del Codice della strada non hanno fatto nulla per risolvere la storica questione.
La circolare – Pochi giorni fa però è arrivata la circolare del ministero dell’Interno: problema risolto? Non proprio. Il Viminale condivide il parere richiesto all’Avvocatura Generale dello Stato che ha prospettato la sostanziale piena omogeneità ed identità tra le procedure tecnico-amministrative che sono alla base sia dell’omologazione che dell’approvazione. E fornisce delle indicazioni alle amministrazioni per opporsi ai ricorsi nei vari gradi di giudizio, elencando i documenti da presentare. Tutto questo in attesa, scrive il ministero, degli esiti del tavolo tecnico istituito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti “al fine di definire le procedure per l’omologazione del prototipo, la tarature e le verifiche di funzionalità dei dispositivi, delle apparecchiature e dei mezzi tecnici per l’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità”. Una circolare che per “Altvelox“, l’associazione che da Belluno combatte in tutta Italia la guerra agli autovelox “non vale nulla“.
I Comuni in ordine sparso – Così l’intervento del ministero invece di chiarire le idee ai sindaci ha provocato reazioni contrastanti e i Comuni continuano a muoversi in ordine sparso: c’è chi – nonostante le pronunce della Cassazione – ha sempre tenuto attivi i rilevatori fissi di velocità, chi continua da mesi a tenerli spenti e chi invece (come i comuni di Piadena Drizzona nel Cremonese e San Giorgio in Bosco nel Padovano), dopo aver messo in standby gli autovelox, li ha riattivati. Uno strumento per prevenire gli incidenti stradali che, ovviamente, spesso rappresenta anche un’entrata consistente per le casse comunali.
I ricorsi e le inchieste – Intanto però in tutta Italia piovono i ricorsi degli automobilisti multati, mentre – in contemporanea – si muovono le procure. Come quella di Padova che, lo scorso ottobre, ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di falso ideologico, dopo le denunce indirizzate ai Comuni che hanno installato apparecchi velox “approvati” ma non “omologati”. Un argomento molto sentito in particolare in Veneto, regione dove è nato il fenomeno di “Fleximan“ e da dove è partito il ricorso che ha portato alla prima decisione della Cassazione. Ma non solo. La procura di Cosenza ha chiesto al gip e ottenuto il sequestro di numerosi autovelox – del modello T-EXSPEED v.2.0 – in diverse città italiane (da Cosenza a Venezia, passando per Cerignola e Reggio Emilia). E a tutto questo contesto si aggiungono le conseguenze del decreto di Salvini: non affronta in nessun modo il problema sollevato dai giudici del Palazzaccio ma rende l’iter autorizzativo molto più complesso. Tanto che, il mese scorso, la prefettura di Treviso ha detto no a tutte le richieste di nuovi autovelox.
Le razioni dei sindaci – Così c’è chi come Camillo De Pellegrin, sindaco di Val di Zoldo in provincia di Belluno, tiene ancora spenti gli autovelox. In un post sui social definisce quella diramata dal ministero dell’Interno una “curiosa circolare” arrivata “tra l’altro con un trascurabile ritardo di soli 8 mesi dalla prima sentenza di Cassazione”. “Forse non stiamo capendo noi amministratori”, sottolinea De Pellegrin ricordando quanto espresso dalla Suprema Corte. “Con la legge di modifica al Codice della strada lo Stato poteva, con l’inserimento al comma 6 dell’articolo 142 di un solo vocabolo ‘approvazione’, risolvere la questione. Cosa che non è stata fatta, evidentemente, volutamente. E ora il ministero dell’Interno cosa fa? Anziché risolvere la questione o almeno consigliare di sospendere l’utilizzo degli strumenti – aggiunge il sindaco – in via cautelativa invia un modello di memoria difensiva affinché gli enti che ricevono un ricorso utilizzino in modo uniforme le tesi difensive dell’Avvocatura, addirittura per proporre ricorso in Cassazione? Ma a che gioco stiamo giocando? La mano destra non sa quello che fa la sinistra? Nel frattempo ne fa le spese la sicurezza stradale, vista l’impossibilità, almeno teoricamente, di utilizzare qualsiasi tipo di strumento e in qualsivoglia strada”, conclude Camillo De Pellegrin nel suo post. Renzo Martelloni, sindaco di Licciana Nardi in provincia di Massa-Carrara, è intervenuto nei giorni scorsi, invece, per “rassicurare i cittadini che non c’è nessuna falla” sull’autovelox attivo nel suo Comune che ritiene “assolutamente in regola“: “È fornito sia di approvazione che di certificati di taratura periodici come richiesti dalla legge. La mancanza dell’omologazione – sottolinea – non dipende da una inefficienza dell’amministrazione ma da una mancanza di normativa ad hoc, nelle more della quale si deve fare riferimento al decreto di approvazione come sostenuto dalla normativa primaria e secondaria”. “Le sentenze, che siano della Corte di Cassazione o del Giudice di Pace, hanno effetti tra le parti del procedimento e non possono certo fungere da legge” rimarca il sindaco ribadendo che “se la falla c’è a Licciana allora c’è in tutta Italia“.
“Serve un intervento normativo tempestivo” – E tanti primi cittadini si rivolgono così all’Associazione nazionale Comuni italiani per avere chiarimenti. In un post sui social il direttore di Anci Veneto, Carlo Rapicavoli, ribadisce che “è auspicabile un intervento normativo tempestivo che faccia definitiva chiarezza”. La circolare del ministero “seppure non completamente risolutiva, cerca di fissare alcuni principi in attesa della conclusione del lavoro del tavolo tecnico ministeriale”, scrive. “Certamente va accolta con favore perché sostiene, dal punto di vista amministrativo, i Comuni e i soggetti accertatori delle violazioni, recentemente esposti addirittura a denunce per presunte violazioni penali”, spiega Rapicavoli ma “la modifica normativa è necessaria per dare certezza ed eliminare il contenzioso sulle singole multe solo per l’aspetto legato all’omologazione, anziché limitarsi a fornire indicazioni giuridiche su cui fondare la resistenza in giudizio nei ricorsi che comunque restano probabili”.
Altvelox: “Circolare è acqua fresca” – Di tutt’altro tenore sono i commenti di Altvelox, l’associazione alla guida della crociata degli automobilisti. Per il presidente Gianantonio Sottile la circolare ministeriale “è acqua fresca” e “vale niente” perché “fatta per difendere l’indifendibile e salvare il salvabile, ossia i 18 miliardi che i Comuni incassano illegittimamente dalle multe”. “Per noi non cambia nulla, tant’è vero che presenteremo altre due denunce-querele contro i Comuni di Piombino (Livorno) e Pergine Valsugana (Trento), così il conto sale a 94”, sottolinea Sottile. “Ci sono 34 sentenze che lo dicono, la prima nel 2001, e 4 sono arrivate solo nell’ultimo anno, sempre con le stesse motivazioni. Per noi – aggiunge – è la prova provata che abbiamo ragione a denunciare in procura prefetti, presidenti di provincia, sindaci e comandanti delle polizie locali tutte le volte che abbiamo in mano un verbale per omissione di atti d’ufficio, falso ideologico e materiale, e quindi in sintesi per truffa”. “Ci sono indagini aperte dalle procure a Treviso, Venezia, Padova e Belluno”, spiega, col risultato che “i timori di condanne penali e di danno erariale ha fatto sì che il 70% dei comuni nell’ultimo anno li abbia spenti proprio per non esporsi, come per esempio Modena e Formigine”. “La battaglia sull’omologazione è destinata a continuare, temo, ancora per molto”, conclude il presidente di Altvelox.
L'articolo Caos autovelox, il Viminale prova a risolvere: ma la circolare sull’omologazione manda in tilt i sindaci. L’associazione: “Non vale nulla” proviene da Il Fatto Quotidiano.