Scoperti tre nuovi trattamenti sicuri ed efficaci per la tubercolosi resistente alla rifampicina
Risale all’ottobre scorso la notizia che la tubercolosi – uno dei tre big killer insieme a Hiv/Aids e malaria – scalzando il Covid, è diventata la minaccia numero 1 per la sanità globale. Per questo è di particolare importanza la notizia dello studio pubblicato su New England Journal of Medicine e condotta da ricercatori della Harvard Medical School insieme a Partners In Health, Medici Senza Frontiere e Interactive Research and Development. Sono stati scoperti tre nuovi regimi farmacologici sicuri ed efficaci per la tubercolosi resistente alla rifampicina, il più efficace degli antibiotici di prima linea usati per trattare la malattia.
I nuovi regimi identificati sfruttano farmaci recentemente scoperti per ampliare l’arsenale di trattamento, ridurre al minimo gli effetti collaterali e trattare i pazienti utilizzando solo pillole invece di iniezioni giornaliere: si tratta della bedaquilina, un nuovo antimicobatterico, e delamanid – che, quando furono immessi sul mercato nel 2012-2013, furono i primi nuovi farmaci contro la tubercolosi sviluppati in quasi 50 anni. E poi di un terzo farmaco chiamato pretomanid che nel 2019 ha ricevuto l’ok di FDA per usi specifici.
L’Oms stima che circa 410.000 persone si ammalano di tubercolosi resistente alla rifampicina ogni anno, comprese le persone con tubercolosi multiresistente ai farmaci (MDR-TB). Solo il 40% viene diagnosticato e curato, il 65% di loro con successo. Lo studio, che vede tra gli autori Lorenzo Guglielmetti di Medici Senza Frontiere e Direttore del progetto EndTB, è stato lanciato nel 2017 e ha coinvolto 754 pazienti in sette paesi: Georgia, India, Kazakhstan, Lesotho, Pakistan, Perù e Sudafrica. La popolazione di studio comprendeva bambini e persone con HIV o epatite C, entrambi comuni in popolazioni con alti tassi di tubercolosi. Sono state incluse nello studio finale anche donne che nel corso del trial hanno intrapreso una gravidanza. Si tratta di gruppi di pazienti spesso esclusi dalle sperimentazioni cliniche.
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