Roberta Bruzzone: “Il delitto di Perugia e quello di Garlasco sono due casi speculari, c’è il dubbio che la verità processuale non sia quella giusta”
Esce oggi per Mursia “Delitti allo specchio: i casi di Perugia e Garlasco a confronto” di Roberta Bruzzone e Valentina Magrin. Le due criminologhe analizzano gli episodi di cronaca nera che hanno segnato il 2007, il caso di Garlasco del 13 agosto e quello di Perugia del 1 novembre in cui hanno perso la vita, barbaramente assassinate, Chiara Poggi e Meredith Kercher. Le loro vite e i due omicidi hanno molto in comune. In entrambi i casi, fanno notare le autrici nel volume, manca la pistola fumante, la cosiddetta prova regina del Dna che non sempre porta ai risultati sperati. E quando è così, i pezzi di verità per ricomporre il puzzle bisogna andare a cercarseli altrove.
“Sono due vicende speculari – ci spiega Roberta Bruzzone – se le analizziamo dal punto di vista giudiziario: rappresentano due viaggi diametralmente opposti. Ma è anche un viaggio il nostro nel mondo delle indagini scientifiche e dei rischi che derivano da analisi incerte. In entrambi i casi, c’è il dubbio che la verità processuale non coincida con quella storica. La nostra è una lettura senz’altro critica. Abbiamo riscontrato, sia per Chiara che per Meredith, le stesse problematiche”.
Quali sono?
“Nel caso di Meredith, il rischio è che non tutti i colpevoli siano stati assicurati alla giustizia, a causa di alcune incertezze investigative. Nel caso di Garlasco ci sono state letture talmente differenti tra loro che è impossibile non notare aspetti oscuri e controversie. Il problema comune a entrambe le vicende è il rischio che pezzi di verità siano andati perduti”.
L’errore giudiziario è quasi sempre figlio dell’errore investigativo?
“Ribaltamenti, colpi di scena, condanne che diventano assoluzioni e viceversa: quando l’iter giudiziario è ondivago, quasi sempre è perché le prove scientifiche sono state flagellate. Questo emerge anche nelle inchieste più recenti. Nel caso di Meredith non lo diciamo noi ma la Cassazione che parla di aspetti controversi. Comunque si analizzino questi processi, ci si scontra con un errore investigativo. Le prime fasi delle indagini sono le più importanti, questo ci insegnano queste storie e nel volume lo dimostriamo attraverso due finali diversi”.
Da anni lei si dedica al tema del femminicidio che spesso è generato dal narcisismo patologico, quanto entra in queste vicende?
“Nel caso di Garlasco, la componente narcisistica di Alberto Stasi è direttamente collegata al movente che è sempre rimasto controverso: la possibile scoperta da parte di Chiara dei gusti sessuali “particolari” del fidanzato. Ipotizziamo che questo abbia potuto generare una crisi violenta anche perché fino a quella stessa mattina non c’erano stati particolari problemi all’interno della coppia: tutto si è evoluto tutto rapidamente in un corto circuito di rabbia violenta. La componente narcisistica malata in quel caso potrebbe aver portato a eliminare fisicamente il soggetto che poteva smascherare questo aspetto oscuro legato alla sessualità di Stasi. Nel caso Kercher, la figura manipolatoria è quella di Amanda Knox, è lei la regista della vicenda della morte di Meredith. Tutto ruota intorno alle sue bugie, prima era in casa, poi non c’era. Si smentisce nelle varie versioni e la condanna in Cassazione per calunnia (nei confronti di Patrick Lumumba, accusato ingiustamente, ndr) lo conferma. Questo emerge anche dalla sentenza dei giudici che annullano la sua condanna. Questa di Perugia è una storia flagellata di errori. Se ci fossero state indagini diverse, prive di forzature e più verifiche dei fatti, sono certa che oggi avremmo raccontato una storia diversa: è questo il grande punto interrogativo che segna il delitto di Perugia. Ma ricordiamoci che è meglio un presunto colpevole fuori che un innocente dentro. Pensiamo a Raniero Busco (accusato in primo grado e poi assolto in cassazione per l’omicidio di Simonetta Cesaroni, ndr). Nel tribunale mediatico arrivano solo i colpevoli, degli innocenti non si ricorda nessuno.
Ha ricordato il giallo di via Poma, di cui sono in corso nuove indagini, crede porteranno all’assassino di Simonetta?
Ormai è tardi. Le risposte erano già nelle carte ma non si è saputo, o voluto, coglierle.
L’ESTRATTO IN ESCLUSIVA
Classe 1981, Chiara Poggi vive con la famiglia – mamma, papà e un fratello minore – in una graziosa villetta a Garlasco (Pavia). Laureata in Economia col massimo dei voti, lavora come impiegata in una ditta di Milano e trascorre il tempo libero con il fidanzato, Alberto Stasi, al suo fianco da quasi quattro anni. Meredith Kercher, classe 1985, abita a Croydon, un sobborgo di Londra. Ha tre fratelli e frequenta il corso di Studi Europei presso l’Università di Leeds. È una ragazza solare, libera da legami e con tanta voglia di fare nuove esperienze. Un bel giorno, Meredith parte da Londra diretta in Italia, a Perugia, dove ha deciso di trascorrere un anno di studi universitari con il progetto Erasmus. Chiara, invece, da Londra è appena tornata, dopo essere stata a trovare il fidanzato in vacanza-studio nella capitale britannica. È l’estate del 2007. Un’epoca, per certi aspetti, lontana anni luce dal mondo d’oggi. La crisi mondiale è alle porte, Facebook e tutti gli altri social network, almeno in Italia, sono quasi sconosciuti e poco frequentati, gli smartphone non sono ancora diventati delle vere e proprie protesi delle nostre menti oltre che estensioni discutibili dei nostri avambracci. Tutto sta per succedere ma niente è ancora successo. Chiara e Meredith non lo sanno, ma non riusciranno ad assistere a tutti questi cambiamenti.
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