“La vita degli abitanti della Terra dei Fuochi messa a rischio”: la Cedu condanna l’Italia
Le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi, l’area campana a cavallo tra le province di Napoli e Caserta coinvolta nei decenni scorsi nell’interramento di rifiuti tossici. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia che, pur riconoscendo la situazione, non ha preso le dovute misure. La Cedu ha stabilito che l’Italia deve introdurre, senza indugio, misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento in questione. La sentenza è definitiva.
La Corte ha riconosciuto un rischio per la vita “sufficientemente grave, reale e accertabile”, che può essere qualificato come “imminente”. I giudici inoltre ritengono che “non ci siano prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei Fuochi”. Evidenziano che i progressi nel valutare l’impatto dell’inquinamento sono stati lenti, quando invece occorreva celerità. Inoltre indicano che lo Stato non è stato in grado di dimostrare di aver preso tutte azioni penali necessarie per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti nell’area della Terra dei Fuochi.
“Data l’ampiezza, la complessità e la gravità della situazione, era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato”, scrive la Cedu. Entro due anni lo Stato italiano dovrà introdurre misure a garanzia della tutela della salute per i cittadini.
La sentenza emessa oggi concerne i ricorsi di 41 individui e 5 associazioni. La Cedu ha deciso di accettare in parte le obiezioni del governo e ha rigettato i ricorsi delle associazioni e di numerosi individui. I giudici ritengono che le associazioni non sono “direttamente interessate” da presunte violazioni derivanti da un pericolo per la salute dovuto all’esposizione al fenomeno dell’inquinamento, e che mancano della legittimazione ad agire per conto dei loro membri. Per quanto attiene invece agli individui, per alcuni non ci sono prove sufficienti che loro i parenti vivessero in aree interessate dal fenomeno dell’inquinamento.
“È una sentenza di portata storica”, ha commentato l’avvocato Valentina Centonze che ha istruito il caso sul quale si è pronunciata la Corte. La sentenza, spiega la legale, “è storica non solo perché accerta la violazione del diritto alla vita, e quindi che ci sono state delle attività omissive da parte dello Stato italiano che non ha saputo fornire adeguate tutele ai cittadini, ma anche perché sono state date delle prescrizioni allo Stato italiano”. La Corte, ha detto ancora Centonze, è “scesa nel merito e ha individuato le attività che lo Stato dovrà approntare per garantire la tutela dei cittadini”.
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