Basta la misera parabola dei Ferragnez a spiegare il crollo della cultura progressista
Succede che Michele Serra, in un articolo che avrebbe potuto essere più commovente, saluta il suo vecchio mondo sociale caratterizzato dalle due “grandi scuole” che lo hanno cresciuto e formato: la borghesia e la classe operaia (con le sezioni comuniste e l’Unità). Nel bel quadretto dei tempi andati che il buon Serra tratteggia, alla don Camillo e Peppone, costui sostiene che con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca ha avuto netta la percezione, addirittura “fisica”, di un’intera galassia ideale e valoriale che si sarebbe estinta, per lasciare il posto a una “tecno-plutocrazia” affermatasi sulle ceneri di quella. Il tutto condito da una tenera poesia finale, probabilmente destinata ad addolcire la pillola amara che devono ingoiare le nuove classi subalterne (sempre più numerose), oltre che a soddisfare l’ego dell’autore.
Sorvolo sulla veridicità del quadretto tratteggiato dal fondatore di Cuore (indimenticata rivista satirica del secolo scorso), perché di obiezioni da fare ce ne sarebbero, a cominciare dai privilegi della benestante classe intellettuale legata al Pci, popolare a parole e aristocratica nei fatti dei posti universitari e giornalistici a essa riservati, relegando il valore del merito a ideale di destra.
Ciò che non intendo trascurare, invece, concerne ciò di cui Serra si guarda bene dal parlare: mi riferisco ai fattori che hanno causato la fine del vecchio mondo “democratico” e il traumatico affacciarsi di quello “autoritario” raffigurato da Trump e Elon Musk. Potrei fare ricorso ad argomenti alti e complessi, ma in questa sede credo che sia più efficace rivolgersi alla cronaca di questi giorni.
Sì, perché ci può dire più cose, sul crollo della cultura democratica e progressista, la misera e patetica parabola della coppia Ferragni/Fedez che non il riferimento a libroni impegnativi.
Abbiamo tutti presente la coppia che pur di incrementare i propri follower esponeva i figli piccolissimi sui social network, quella da favola (con tanto di serie tv) in cui lui emergeva come paladino della sensibilità e della difesa delle persone Lgbtq+ al punto da mettere in commercio uno smalto per uomini (farebbe ridere, se non ci fosse da piangere). Ma anche lei non scherzava per nulla, diventando nientemeno che l’icona della lotta contro il patriarcato (…) con il suo abito di Dior su cui c’era scritto “pensati libera”. Sembrava tutto delizioso e meritato, tanto che i due si guadagnarono l’autorevole (e politicamente correttissimo) premio Ambrogino d’oro, assurgendo al ruolo di apostoli e ideologi del mondo progressista. Non c’è bisogno di menzionare tutto quello che è venuto fuori in questi giorni sulla coppia di influencer per constatare il livello di ottusità generale in cui siamo piombati, tanto a livello popolare con l’imbecillità fattasi smalto per le unghie di maschi in crisi, quanto di opinionisti e politici pronti a innalzare il duo finzione a emblema del nuovo mondo progressista.
In tutto questo si staglia ciò che Serra non racconta nel suo semplicistico racconto del mondo democratico che crolla sulla spinta della barbarie tecno-capitalistica: l’ottusità di un mondo progressista a cui, dopo essersi spogliato dei propositi più seri e radicali (lotte per i diritti sociali, ideologia profonda e coerente, un progetto concreto per una società più equa), non resta in mano che il cerino spento dell’aggrapparsi a ideali minoritari e velleitari, spesso con l’appoggio di figure decerebrate della galassia spettacolare le quali, ovviamente, lavorano soltanto per il proprio tornaconto, sfruttando cinicamente la beotaggine sempre più imperante e diffusa.
Ecco che allora risulta alquanto sterile proclamare il “benvenuti alla fine del mondo democratico”, come fa Serra nel suo articolo, perché la verità sembra essere semmai quella di un mondo al contrario (il riferimento è quasi voluto) in cui la cultura e la politica democratiche si sono ridotte al velleitarismo da social network, diventando in questo modo le vere artefici dell’emergere di una Destra oscena che il popolo vive come l’unico baluardo per la difesa dei propri interessi concreti.
Non è finito il vecchio bel mondo di cui tanto ti rammarichi, caro Serra, è solo che la democrazia è qualcosa di serio ma anche rischioso. Talmente rischioso che se i democratici per primi abdicano al proprio ruolo, la democrazia stessa può aprire le porte alla barbarie.
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