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IL Fatto Quotidiano
Февраль
2025

Crossdresser, sul web si respira una forte sorellanza. Ma dietro c’è molta sofferenza

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Quanto costa la felicità?

In effetti è una domandona, forse è meglio limitarci a chiedere quanto costa essere se stessi, andare contro madre natura e utilizzare i mezzi terreni per essere chi si vuole essere. Un po’ lo abbiamo visto in “Emilia Perez”, il film del momento, 13 nomination Oscar. Sono ormai lontani i tempi di “I segreti di Brokeback Mountain”, discusso film su una coppia gay del 2006. In soldoni: i gay sono roba superata. Sono ormai ben integrati nella società tanto che qualcuno parla di una potentissima lobby. Questo è il momento delle crossdresser.

Non sono necessariamente trans. Ma andiamo con ordine. Metti un bambino a cui piace vestirsi da femmina. È il caso di Jennifer (nome al femminile): “Di notte strisciavo in camera dei miei genitori e rubavo le calze di mia madre. Poi prendevo le scarpe. In quel momento mi sentivo io” mi dice, ma ammette: “Certo, avevo sensi di colpa, mi chiedevo cosa mi succedesse. E per un po’ di tempo l’ho messo da parte. Mi sono sposato e ho avuto un figlio ma non ero io. C’erano due parti di me che si sono unite solo quando sono diventata Jennifer”. Lei, insieme a Francesca e Desy, hanno creato un gruppo Facebook che nel giro di due anni ha raggiunto più di 16mila iscritte. Si respira una sorellanza che altro le femministe. “Siamo come una famiglia, ci aiutiamo l’una con l’altra, senza invidia o gelosia” dice Desy. In effetti, sembra una community coesa e anche parecchio allegra, “la Regola delle regole: Sorridere sorridere sorridere ❤️” è specificato nella descrizione. Ci sono foto di “donne” iper truccate, iper acconciate, iper glitterate, tutto è iper. Un eccesso per nascondere una iper sofferenza.

“L’obiettivo del gruppo è di portare avanti la normalità nella normalità” mi dice Francesca. “Noi siamo persone normali: mangiamo, dormiamo, respiriamo come tutti gli altri. Per noi non è un piacere vestirsi da donna, è sentirci noi stesse. Così si nasce, non ci si diventa. Ma la consapevolezza avviene con il tempo, molto spesso si mette nel cassetto, un po’ per la paura, un po’ per la famiglia ma prima o poi riemerge”. In genere, essere crossdresser è il primo passaggio per fare la transizione e diventare a tutti gli effetti una donna. E qui il suffisso iper non è sufficiente per descrivere la sofferenza fisica e psicologica di questo processo.

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