Terra dei fuochi – 22 anni di smaltimenti killer. I processi, la camorra e la morte per tumore del poliziotto che scoprì il disastro
Processi, informazioni cruciali rivelate e tenute segrete, sequestri e dissequestri, prescrizioni, vite perse pur di arrivare alla verità. C’è di tutto nella storia della Terra dei fuochi e dei processi che questa vicenda ha innescato. D’altronde c’è ancora molto da ricostruire dietro ventidue anni di smaltimenti illeciti avvenuti tra le province di Napoli e Caserta, orchestrati dalla camorra. Circa dieci milioni di tonnellate di rifiuti di ogni specie, dall’amianto all’alluminio, fino ai reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, trasportati in oltre 400mila camion, che hanno attraversato mezza Italia per arrivare in Campania. Una vicenda, per cui l’Italia è stata condannata dalla Cedu), portata alla luce alla luce per la prima volta negli anni Novanta, grazie al lavoro del poliziotto Roberto Mancini, che morì nel 2014 a causa di un tumore causato dal continuo contatto con i rifiuti tossici e radioattivi. Mentre indagava nella Terra dei fuochi. Le indagini furono ostacolate per diversi anni, nonostante già nel 1997 il boss pentito Carmine Schiavone, che aveva tenuto l’amministrazione del clan dei Casalesi, avesse raccontato dei traffici alla Commissione d’inchiesta sui rifiuti. Indicando i luoghi in cui il clan dei Casalesi aveva sotterrato milioni di quintali di rifiuti tossici. E commentando: “Gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno, rischiano di morire tutti di cancro entro 20 anni”.
Il lavoro di Mancini che incastrò (nonostante tutto) l’ideatore delle ecomafie – Mancini fece in tempo a vedere la riapertura delle indagini nel 2011, ma non la sentenza di primo grado arrivata solo nel 2016. Porterà a uno dei momenti più importanti della vicenda processuale legata alla Terra dei fuochi, ossia la condanna in terzo grado per Cipriano Chianese, l’imprenditore e avvocato considerato l’ideatore delle cosiddette ‘ecomafie” per conto del clan dei Casalesi. Amministratore dei Casalesi, aveva orchestrato lo smaltimento illecito dei rifiuti poi gestito dal boss Francesco Bidognetti. Ma Chianese era stato già arrestato nel 1993. Una volta assolto, aveva continuato a gestire il traffico illecito dei rifiuti e, l’anno dopo, si era candidato alla Camera con Forza Italia, perdendo per pochi voti. Fu arrestato ancora nel 2006 e, infine, nel 2013. Tre anni dopo, in primo grado fu condannato dalla Corte d’Assise di Napoli a 20 anni di reclusione per associazione mafiosa, estorsione, avvelenamento delle falde acquifere e disastro ambientale avvenuto nella discarica Resit di Giugliano in Campania (Napoli), da lui gestita e nella quale furono portati con la regia della camorra rifiuti di provenienza lecita e illecita. In assenza di adeguate misure di controllo, quella discarica si trasformò in una bomba ecologica. Alla lettura della sentenza era presente anche la vedova di Mancini, Monika Dobrowolska.
Nel 2021 la condanna definitiva di Chianese – Si arrivò alla sentenza di appello solo nel 2019, con la prescrizione del reato di avvelenamento (mentre erano stati confermati l’associazione camorristica e il disastro ambientale) e diversi assolti tra gli imputati accusati di aver contribuito allo scempio della Terra dei fuochi. Ma se in primo grado la corte d’Assise non aveva mai disposto una propria perizia, affidandosi alle consulenze di parte, fu durante il secondo grado che si ebbe la piena consapevolezza del livello della contaminazione. Infine, a gennaio 2021, la Corte di Cassazione ha confermato la pena di 18 anni di carcere per Chianese. Confermate le condanne di secondo grado anche per la moglie di Chianese, Filomena Menale (4 anni e mezzo di reclusione per riciclaggio), per il geometra Remo Alfani (10 anni, due in meno rispetto al primo grado) e per l’imprenditore dei rifiuti Gaetano Cerci (15 anni di carcere). In secondo grado erano stati già assolti l’ex sub commissario all’emergenza rifiuti in Campania tra il 2000 e il 2004 Giulio Facchi, i funzionari pubblici locali accusati di aver favorito Chianese e altri tre imprenditori di origini casertane, i fratelli Generoso, Raffaele ed Elio Roma.
La vicenda dei fratelli Pellini e il processo ‘Carosello’ – Ancora prima del processo a carico di Chianese, risale quello che ha coinvolto i tre fratelli Cuono, Giovanni e Salvatore Pellini. Quest’ultimo maresciallo dei carabinieri sospeso dal servizio dopo il suo arresto, nel 2006. I loro stabilimenti servirono per stoccare un milione di tonnellate di rifiuti, anche pericolosi, quelli solidi seppelliti poi nei terreni agricoli e nelle cave e, quelli liquidi nei Regi Lagni, un reticolo di canali che si estende tra le province di Napoli e Caserta. Parte di quei rifiuti fu finanche ceduta come fertilizzante agricolo. Il processo ‘Carosello’ iniziò nel 2006 e, nel 2012, il pubblico ministero della Procura di Napoli chiese per i 26 imputati tra imprenditori, funzionari e tre carabinieri coinvolti, un totale di 232 anni di carcere, oltre alla confisca di impianti e mezzi. Diciotto anni per ognuno dei fratelli Pellini, responsabili dell’organizzazione, accusati anche di aver favorito il clan Belforte. Gli unici, alla fine, a essere stati condannati. Nel corso del processo, infatti, l’accusa dimostrò come Cuono e Giovanni Pellini, fin dagli anni Novanta, avessero sotterrato nelle campagne tra le province di Caserta e Napoli un milione di tonnellate di scarti industriali provenienti da Veneto e Toscana. Il tutto, con l’appoggio dei clan Di Fiore di Acerra e Belforte di Marcianise. La posizione di Salvatore Pellini e quella di altri funzionari pubblici aveva permesso per anni di insabbiare tutto, anche le denunce di contadini ed allevatori. I tre fratelli sono stati condannati in via definitiva nel 2017 a sette anni, per traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Ma in carcere sono rimasti solo qualche mese.
Lo scandalo del dissequestro – A febbraio 2017 è stato eseguito nei confronti dei tre imprenditori il sequestro di beni per 220 milioni di euro: tra le altre cose, due società operanti nel recupero e nel riciclaggio dei rifiuti, tre nell’immobiliare, una di noleggio dei mezzi di trasporto aereo, 68 terreni, 50 autoveicoli e automezzi industriali e 250 tra fabbricati, palazzi, appartamenti, ville. A giugno 2023, la confisca è stata confermata in secondo grado e, un mese dopo, la Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’istanza dei Pellini che chiedevano di dichiarare l’inefficacia di quel provvedimento, perché emesso dopo il termine di 18 mesi richiesti dalla legge. Un vizio formale che ha portato alla decisione della Cassazione di restituire quel patrimonio. Dopo le proteste dei cittadini indignati e le indicazione della procura di Napoli è stato emesso un nuovo decreto di sequestro. A fine ottobre è iniziato il nuovo processo che stabilirà se quel patrimonio sarà definitivamente confiscato.
Il processo per gli interramenti a Casal di Principe – Nello stesso anno in cui si pronunciava la sentenza di secondo grado per Chianese, iniziava al tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) il processo sugli sversamenti illegali di rifiuti tossici realizzati dal clan dei Casalesi a Casal di Principe. Tra gli imputati i boss Francesco Schiavone ‘Cicciariello’, il cugino Walter, fratello del capoclan, Francesco ’Sandokan’, Nicola Pezzella e Luigi D’Ambrosio, entrambi considerati esponenti di primo piano del clan. Il processo, in questo caso, è nato dall’indagine della Dda di Napoli che nel 2014, sulla base delle dichiarazioni di alcuni pentiti, ordinò che si scavasse nei pressi dello stadio comunale di Casal di Principe. Le operazione confermarono la presenza di 150mila metri cubi di rifiuti speciali pericolosi. Dopo gli scavi, furono posti sotto sequestro numerosi pozzi da cui privati cittadini prelevavano l’acqua per irrigare la terra o per il consumo domestico. A tutti è contestato il reato di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari con l’aggravante mafiosa. Il processo va avanti (molto a rilento). Il Comune si è costituito parte civile.
L'articolo Terra dei fuochi – 22 anni di smaltimenti killer. I processi, la camorra e la morte per tumore del poliziotto che scoprì il disastro proviene da Il Fatto Quotidiano.