Jake La Furia: “Il ritiro di Emis Killa a Sanremo 2025? L’ho capito, sarebbe stato uno stillicidio, a X Factor tornerei e vedo la tv nel mio futuro, la Milano di Tangentopoli è ancora viva”
Sull’onda del grande successo con la reunion dei Club Dogo e come giudice all’ultima edizione di “X Factor”, Jake La Furia è tornato al suo progetto discografico e ha sfornato l’album “FAME”, anticipato da “64 No Brand”. Non mancano le collaborazioni e quindi ecco Guè, Rkomi, Rose Villain, Artie 5ive, Kid Yugi, Nerissima Serpe, Ernia, Noyz Narcos, Tony Boy, Papa V, anice, Bresh e Alborosie. Il tutto passato sotto le sapienti mani del producer Night Skinny. Insomma un album ben prodotto, duro quanto basta e di alta qualità, proprio come Jake La Furia è capace di fare. Senza alcun compromesso.
Perché proprio FAME come nome di questo album?
FAME è il nome con cui per la prima volta mi sono approcciato al mondo dell’hip hop facendo i graffiti ed è stato anche il nome che ho utilizzato nel mio primo disco importante cioè quello delle Sacre Scuole, che poi è subito cambiato in Jake La Furia. Visto che questo disco è un ritorno alle origini, ho deciso di chiamarlo in questo modo.
Cosa rappresenta la villa nella copertina?
Non ha un significato preciso per me, semplicemente da quel senso di devastazione del mio nome che come un bombing devasta una cosa bella.
Di cosa ha fame Jake La Furia oggi?
Sicuramente ho fame di sapere, di scoprire, ma soprattutto di andare in studio e fare musica, che è la cosa che mi piace di più, la cosa che ancora di più mi emoziona. Diciamo che ho più una fame artistica che una concreta di cose come la ricchezza, il successo etc.
Come mai hai deciso di dedicare un brano a Maradona? Cosa ha rappresentato per te il numero 10?
Maradona è stato il più grande calciatore di tutti i tempi forse per estro e follia, il che lo rende più interessante di tanti altri che sono stati semplicemente campioni ligi al dovere. Io amo un po’ quelli che sono nati storti ed essendo un grande amante del calcio per me lui è stato veramente un campione. Poi mio figlio addirittura si chiama Diego.
“Scrivo sessantaquattro barre senza brand, Roba per veri ultras come le coltellate nel weekend”. Come mai hai citato proprio la vicenda degli ultras?
Solamente perché “weekend” faceva rima con brand. Non ha nessun riferimento specifico e comunque il rap ragiona per metafore e con un linguaggio abbastanza strong quindi quella rima in apertura mi sembrava abbastanza d’impatto.
Non posso non chiederti di Emis Killa, a questo proposito. Cosa ne pensi del suo ritiro da Sanremo? Tu l’avresti fatto?
Io capisco il suo ritiro perché nel momento in cui si va in una kermesse, dove ogni giorno si è sottoposti ad un continuo pressing da parte della stampa, andare in una situazione del genere sarebbe uno stillicidio, non ci si godrebbe il motivo per cui si è veramente lì.
“Mattoni di cocaina, mattoni dei grattacieli, fra’. Milano vuole bloody money, sporco cash” la Milano di Tangentopoli è un lontano ricordo è ancora viva e presente tra noi?
Sicuramente sarà ancora viva e presente tra noi in altri modi più nascosti come le mafie e la corruzione hanno imparato a vivere in questi anni, ovviamente Milano è il posto in cui si costruisce, dove si lavora, dove girano gli affari, dove tutti sono presenti a fare affari e malaffari. In più aggiungo che questo pezzo è una citazione ad un classico di Capone – N – Noreaga che parlava in questi termini di New York.
A X Factor sei stato il vero mattatore. Cosa ti è piaciuto di più della tv e cosa meno? Tornerai?
Tornerò se me lo chiederanno, sicuramente. A me della tv piace fare le cose che mi interessano e che mi divertono. Quindi nello specifico X Factor che è forse il programma più di gusto e di culto che ci sia nella televisione italiana. Non escludo che comunque in futuro la tv possa avere una grande parte nel mio lavoro.
La reunion dei Club Dogo è stata un trionfo. Cosa ricordi del grande evento a San Siro?
Un momento che porterò nel cuore è sicuramente il momento in cui durante la camminata a San Siro siamo arrivati al palco, ci siamo girati e abbiamo visto tutto lo stadio pieno, quello è stato un bellissimo effetto. Per quanto riguarda l’emozione del momento è una cosa molto meno poetica perché tu quando sei su pensi a fare bene, a non sbagliare, quindi sei talmente galvanizzato che non dai attenzione alla parte poetica di quello che stai facendo e te ne rendi conto solo dopo.
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