L’Ai cambierà anche la Giustizia? Io dico che solo un giudice può cogliere certe sfumature
di Agostino Imperatore
Come cambierà la Giustizia nell’era dell’intelligenza artificiale? L’IA sta riscrivendo le regole del gioco: automatizza processi, semplifica attività complesse e apre nuove possibilità. Tuttavia, questa trasformazione pone un interrogativo cruciale: come integrare il progresso tecnologico con i valori umani che da sempre guidano il sistema legale? A dire il vero, per lungo tempo il diritto è rimasto ancorato a prassi consolidate, resistendo ai cambiamenti imposti dalla digitalizzazione. Solo con la progressiva dematerializzazione dei processi e l’introduzione di software gestionali, questa resistenza si è affievolita. Ora, con l’avvento dell’intelligenza artificiale, il settore legale si trova nuovamente di fronte a una svolta radicale, che non solo ottimizza i flussi di lavoro, ma offre strumenti innovativi per l’analisi e la previsione.
Grazie a sistemi di revisione documentale automatizzata, è infatti ora possibile esaminare grandi volumi di documenti legali, identificando incongruenze o criticità in pochi minuti, così come con l’introduzione della giurimetria, che applica metodi quantitativi al diritto, si mira a prevedere l’esito di scenari complessi sulla base di innumerevoli precedenti giurisprudenziali, migliorando di conseguenza la qualità delle decisioni. Tra le applicazioni dell’IA in ambito legale spiccano poi i chatbot, che forniscono risposte rapide e guidano i clienti nelle consulenze iniziali, così come gli agenti AI, capaci di gestire flussi complessi e richieste specifiche dei professionisti.
Questi cambiamenti non si limitano a trasformare i processi operativi, ma incidono profondamente sulla struttura stessa del sistema giuridico, richiedendo un approccio istituzionale che sappia guidare l’integrazione dell’IA in modo strategico ed efficace. Non a caso, il Ministero della Giustizia, sotto la guida del ministro Carlo Nordio, ha istituito l’Osservatorio permanente per l’uso etico dell’intelligenza artificiale nell’attività giurisdizionale, con il compito di promuovere un uso etico della tecnologia, garantire l’affidabilità degli algoritmi e sostenere la formazione continua per gli operatori del diritto, creando un dialogo efficace tra tecnologia e giurisdizione per rendere il sistema legale più moderno e trasparente.
Tuttavia, se da un lato l’IA promette di innovare profondamente il settore, dall’altro solleva questioni che vanno ben oltre l’efficienza tecnica o la fruibilità da parte degli addetti ai lavori, tra cui la necessità di garantire algoritmi equi e privi di bias o di adottare strumenti capaci di bilanciare automazione e controllo umano. La vera sfida sarà infatti la capacità degli operatori del diritto di adattarsi ad un cambiamento tecnologico senza precedenti, acquisendo le competenze necessarie per gestire con consapevolezza strumenti avanzati e assicurare trasparenza e responsabilità nei processi decisionali e nell’erogazione dei servizi legali, con conseguenti benefici tra cui la riduzione dei costi operativi e un conseguente incremento dell’accesso alla giustizia per i cittadini.
Eppure, nessuna tecnologia può sostituire il giudizio critico, l’empatia e l’intuizione necessarie per affrontare questioni complesse e controversie di natura profondamente umana. Questi aspetti, esclusivi del dominio umano, continuano a occupare un ruolo centrale in un sistema giuridico che non può permettersi di sacrificare i valori fondamentali della Giustizia sull’altare della produttività. Solo un giudice, ad esempio, può cogliere le sfumature emotive di una testimonianza o comprendere il contesto sociale di una controversia, così come unicamente un avvocato può adattare la strategia difensiva alle dinamiche emotive e relazionali, interpretando le esigenze del cliente o rispondendo alle reazioni delle parti in aula.
Questi elementi, impossibili da replicare per una macchina, evidenziano il ruolo centrale dell’uomo nel mantenere l’equilibrio tra innovazione e giustizia. L’intelligenza artificiale non rappresenta la fine delle professioni legali, ma la loro naturale evoluzione; un’occasione, quindi, per riconsiderare il ruolo di magistrati, avvocati e degli altri operatori del diritto come garanti di equità, giustizia e umanità. Il futuro del diritto sarà scritto non dalle macchine, ma dalla nostra capacità di utilizzarle con saggezza e consapevolezza, preservando ciò che rende la giustizia autentica: la sua essenza profondamente umana.
* avvocato
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