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“Decreto liste d’attesa vuoto? Dato oggettivo, non c’è più tempo per il Servizio sanitario”: i medici confermano l’analisi di Gimbe

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In questi primi sei mesi dalla sua approvazione, il decreto legge anti liste d’attesa non ha portato nessun beneficio ai cittadini. Non prevede alcun intervento strutturale, ma solo misure tampone prive di una visione a lungo termine. Perché senza rilanciare l’offerta sanitaria e potenziare gli organici, non si otterrà alcun risultato, indipendentemente dal fatto che i decreti attuativi vengano approvati o meno. Questa volta a sottolineare le criticità del decreto anti liste d’attesa è Guido Quici, presidente della federazione sindacale dei medici Cimo-Fesmed. In consonanza con quanto scritto nell’ultima analisi pubblicata dalla Fondazione Gimbe, per Quici il provvedimento lanciato dal Governo Meloni – durante la campagna elettorale delle europee – è una norma vuota, priva di effetti tangibili. “Non c’è nessuna volontà reale di ridurre le lunghissime liste d’attesa a cui sono costrette le persone – commenta a ilfattoquotidiano.it -. Basta guardare la finanziaria di quest’anno per capirlo. La legge di bilancio è fatta di mance e di cambiali. I veri soldi si vedranno solo dal 2026 in poi. Ma l’urgenza delle liste d’attesa è adesso e i fondi non ci sono”.

Quici condivide pienamente la denuncia di Gimbe e del suo presidente, Nino Cartabellotta, accusato dal senatore di Fratelli d’Italia, Franco Zaffini, di diffondere “fake news e strumentalizzazioni dei comunisti”. Anche per la federazione sindacale dei medici, infatti, la riforma è in stallo: “È stato approvato solo uno dei sei decreti attuativi necessari, questo è fuori discussione. Non c’è nessun colore politico dietro l’analisi di dati oggettivi come questo”, commenta Quici. “Sappiamo che in Italia ci possono volere anni per approvare i decreti attuativi – prosegue -. Ma il Servizio sanitario nazionale non ha tempo, e non lo hanno i cittadini”. Quici denuncia inoltre i danni causati dalla frammentazione territoriale e dai continui rimpalli tra Stato e Regioni: “Abbiamo venti Italie diverse, questo aggrava la già complessa gestione delle liste d’attesa, rendendo difficile l’applicazione uniforme delle norme”.

Ma i problemi del provvedimento non si esauriscono con le lungaggini burocratiche. Secondo il presidente di Cimo-Fesmed, anche se tutti i decreti attuativi fossero approvati domani, non cambierebbe molto. “La riforma va a rivedere un assetto organizzativo che presuppone il rilancio dell’offerta sanitaria. Ma non si capisce chi dovrebbe offrire questi servizi. Se non ripristiniamo una parte dei posti letto eliminati, se non riapriamo gli ambulatori, se non assumiamo nuovo personale, come ci immaginiamo di ridurre i tempi di attesa?”. Per i sindacati, la carenza di personale è il vero nodo da sciogliere. Anche in funzione della sanità territoriale, ritenuta fondamentale per ridurre il peso sugli ospedali: senza rafforzare gli organici, le nuove strutture finanziate dai fondi del Pnrr rischiano di rimanere inutilizzate. “Il blocco del tetto di spesa per le assunzioni, in vigore da più di vent’anni, continua a generare storture – denuncia Quici -. Dopo il Covid, sono aumentati significativamente i contratti a tempo determinato e abbiamo continuato a spendere soldi pubblici per pagare i costosi gettonisti”.

E Quici riversa critiche anche sull’unica misura messa effettivamente in campo finora, ovvero la detassazione delle prestazioni aggiuntive dei medici: “Per avere manodopera a disposizione si è pensato di dare poche decine di euro in più ai medici che lavorano oltre il loro orario. Un approccio inadeguato per risolvere il problema. In primis perché c’è un tetto di 48 ore a settimana oltre il quale non si può andare. E che è bene rispettare anche per non sfiancare il professionista ed evitare che commetta errori per la stanchezza. In secondo luogo perché questi soldi potevano essere usati per assumere un medico e andare a impattare realmente sul problema liste d’attesa. Così si mette solo una toppa momentanea, si tira a campare. E, oltretutto, rinviare di pochi mesi il problema ha un costo molto alto”, conclude Quici.

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