Monfalcone, studentesse velate “identificate” prima di entrare a scuola. Per loro lezioni di ginnastica personalizzate
Prima di entrare in classe le ragazze musulmane dell’istituto superiore “Sandro Pertini” di Monfalcone devono alzare il velo in una stanza privata e farsi riconoscere. E’ quanto accade in questa scuola secondaria di secondo grado in provincia di Gorizia, dove fino a poco fa governava Anna Maria Cisint (ora europarlamentare leghista) nota per le sue crociate contro i centri islamici e il cricket.
Ora la questione è un’altra: al “Pertini” – secondo quanto riportato da Il Piccolo – “ogni mattina una manciata di minuti prima delle otto la referente di sede si sincera che a varcare la soglia sia effettivamente l’allieva iscritta a quell’istituto professionale”. Non solo. Le lezioni di ginnastica per le ragazze velate sono “personalizzate” proprio per tutelare le scelte delle donne.
Il ragionamento di fondo sembra essere quello di fare in modo che le studentesse velate frequentino comunque le lezioni e non abbandonino la scuola a causa delle loro scelte religiose. Una questione che la dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, Daniela Beltrame, contattata dal fattoquotidiano.it è pronta a portare a livello nazionale: “Sono assolutamente d’accordo che sia necessaria una norma che vieti di indossare simboli religiosi che ledano la dignità delle donne e limitino l’integrazione scolastica e la piena fruizione del percorso formativo. E ciò anche alla luce della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 16 maggio 2024 che ha respinto un ricorso di alcuni genitori contro il divieto imposto dalla legislazione fiamminga in Belgio. In Italia non esiste una legge specifica per le scuole. Un singolo ufficio scolastico regionale non può interpretare la norma mancante né prescrivere un divieto alle scuole. Scriverò al ministero per chiedere che siano fornite indicazioni uniformi a tutte le scuole”.
Un caso, quindi, che arriverà presto sul tavolo del ministro Giuseppe Valditara. Intanto, al “Pertini” le studentesse che indossano il niqāb devono svelarsi prima di mettere piede in aula. Una posizione che la dirigente Carmela Piraino ha così spiegato sul quotidiano locale: “Il ragionamento a inizio anno ci ha portato a ritenere che imporre può indurre le ragazze a lasciare la scuola, mentre l’istituzione raggiunge il suo scopo quando l’allievo consegue i cinque anni di studio. Di qui la necessità di ricreare tranquillità e fiducia per far sentire a casa le giovani e capire se il lavoro di insegnanti e compagni possa portarle a essere più libere. Finora non abbiamo mai avvertito la necessità di ricalibrare le materie. Le più esposte, in tal senso, sono le scienze motorie e per questo s’è scelto di personalizzare la disciplina”.
In altre parole per loro non si fanno esercizi in cui le forme del corpo possono essere riconosciute. Per le studentesse intervistate “rispettare Allah è la cosa più importante” e così la preside sta cercando in ogni modo di conciliare le esigenze delle donne con i dubbi di chi non vuole che le donne vestano così a scuola. Contatta dal fatto.it la preside non ha risposto ma la dirigente Beltrame è certa che Piraino sia solo preoccupata del rischio che le ragazze non frequentino. Intanto sul caso proprio oggi pomeriggio la Lega ha tenuto una conferenza stampa a Reana del Roiale (Udine). “La Lega pochi giorni fa ha depositato una proposta di legge atta a superare la vecchia legge del 75 sull’antiterrorismo, che non permette una piena attuazione del divieto di copertura del volto”, dice il segretario regionale leghista Marco Dreosto. “Il Capogruppo del Carroccio in regione FVG, Calligaris, presenterà una mozione in Consiglio regionale per chiedere alla Giunta e al Consiglio di esercitare le proprie prerogative per depositare la medesima legge alle Camere”.
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