Congo, il cessate al fuoco dura meno di 24 ore: riprendono i massacri. Onu: “Detenute stuprate e bruciate vive”
Il cessate il fuoco unilaterale annunciato dai ribelli dell’M23 per motivi umanitari è durato meno di 24 ore. All’alba le milizie sostenute dal Ruanda hanno ripreso gli attacchi nell’est della Repubblica Democratica del Congo, commettendo nuovi massacri. Secondo fonti umanitarie e di sicurezza, le forze dell’M23 hanno lanciato una nuova offensiva nel Sud Kivu, conquistando la città mineraria di Nyabibwe dopo aver attaccato le Forze armate congolesi. Un’escalation brutale che smentisce ogni pretesa di tregua e conferma i sospetti del governo di Kinshasa, che già ieri parlava di un “trucco” per guadagnare tempo. Un portavoce infatti aveva dichiarato all’Afp: “Questa è la prova che il cessate il fuoco dichiarato unilateralmente era, come al solito, un trucco”.
Nel frattempo nella città di Goma, centinaia di donne detenute nel carcere di Munzenze sarebbero state violentate e bruciate vive durante gli scontri. Lo ha denunciato Vivian van de Perre, vicecapo della missione ONU Monusco, citata dal Guardian. Mentre migliaia di uomini riuscivano a fuggire durante un’evasione di massa, l’ala femminile della prigione veniva data alle fiamme, trasformandosi in una trappola mortale.
La guerra nell’est del Congo, riesplosa con ferocia dopo anni di tensioni, ha già fatto oltre 3000 vittime in una decina di giorni. I ribelli dell’M23, a maggioranza tutsi e sostenuti dal governo ruandese di Kigali, avanzano in una regione strategica, ricca di risorse minerarie e contesa da potenze globali come Cina e Unione Europea. Di fronte al disastro umanitario, la diplomazia africana sta provando a correre ai ripari. Venerdì si terrà a Dar es Salaam, in Tanzania, un vertice straordinario tra la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe e la Comunità dell’Africa orientale. Saranno presenti i leader di Congo, Ruanda, Sudafrica e Somalia, ma le prospettive di un accordo restano incerte. Paul Kagame, presidente ruandese, continua a negare ogni coinvolgimento diretto, mentre Kinshasa lo accusa apertamente di voler mantenere il controllo militare sulle zone ruandofone della RdC con il pretesto di combattere i residui delle milizie hutu coinvolte nel genocidio del 1994.
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