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Stop dei giudici Usa all’esodo dei dipendenti pubblici e all’accesso di Musk al sistema di pagamenti del Tesoro

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Stop all’esodo incentivato di dipendenti pubblici o meglio alla scadenza imposta dalla Casa Bianca e stop all’accesso del Dipartimento dell’Efficienza di Elon Musk al sistema di pagamenti del Tesoro. Nel giro di poche ore l’amministrazione Trump deve incassare ben due provvedimenti che arginano almeno per un po’ le iniziative del presidente e dell’imprenditore a capo del Doge (Department of Government Efficiency).

Gli esodati – Un giudice federale ha temporaneamente bloccato il piano dell’Amministrazione Trump per ridurre drasticamente la forza lavoro del governo federale. La Cnn aveva rivelato anche come la Cia offrisse incentivi. Il giudice George O’Toole ha sospeso la scadenza prevista per la fine della giornata di giovedì 6 febbraio, secondo la quale i dipendenti federali avrebbero dovuto decidere se accettare una buonuscita di otto mesi di stipendio in cambio di dimissioni volontarie, o rischiare il licenziamento. Il piano è sospeso fino alla prossima udienza, fissata per lunedì alle 14 (le 20 in Italia).

Definendola “un ultimatum arbitrario e illegale” tre sindacati che rappresentano insieme 800mila dipendente federali avevano appunto chiesto alla magistratura di fermare la scadenza che riguarda oltre due milioni di dipendenti. Ai dipendenti federali sono stati dati appena 10 giorni per rispondere alla mail, arrivata il 28 gennaio, in cui, illustrando l’obiettivo della nuova amministrazione di “riformare” la forza lavoro federale, si offre la possibilità di dimettersi subito, ottenendo però lo stipendio e i benefici per i prossimi otto mesi. Un’offerta ingannevole, hanno avvisato democratici e sindacati, che fino a ieri avrebbero accettato solo 40mila persone, secondo fonti del Washington Post, meno del 2% dei 2,3 milioni di dipendenti a cui è stata inviata la mail.

Il ruolo di Musk – I dipendenti federali americani hanno dovuto valutare la proposta in un clima rovente di intimidazioni e attacchi in una vera e propria guerra contro la burocrazia condotta da Elon Musk, il capo Doge (Department of Government Efficiency) che è il regista dell’intera operazione che nelle sue stime avrebbe dovuto portare a sbarazzarsi del 5-10% dei dipendenti federali. Nei giorni scorsi è emerso che a molti dipendenti federali è arrivata una seconda mail in cui si avvisava che chi non accetta di andarsene volontariamente rischia di essere licenziato nel prossimo futuro in “tagli di funzioni e posizioni in esubero”. In un post su X, Musk dichiarava di essere convinto che tra il 5 e il 10% dei lavoratori federali avrebbero accolto l’offerta, complice il fatto che da l’amministrazione Trump dovrebbe sospendere tutti gli accordi che permettono a centinaia di migliaia di dipendenti di usufruire dello smartworking. Interpellato dal Post, un funzionario dell’Office of Personnel Management, l’ufficio che supervisiona la gestione del personale federale, ha detto che il numero dei dipendenti che accetta l’offerta “sta crescendo”.

USAID – Un altro giudice ha invece temporaneamente limitato l’accesso del Dipartimento dell’Efficienza di Elon Musk al sistema di pagamenti del Tesoro nel quale, secondo indiscrezioni, lo staff del miliardario aveva cercato di entrare per bloccare i pagamenti di USAID, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale che impiega 10mila dipendenti anche loro invitati a dimettersi. La decisione è la prima di un tribunale per cercare di arginare il Dipartimento di Musk e arriva in risposta alla denuncia dei sindacati che rappresentano i dipendenti federali, che hanno accusato il Dipartimento del Tesoro di aver condiviso i dati personali dei dipendenti con il Doge. Da inizio febbraio l’agenzia, che gestisce 42 miliardi di dollari gestiti ogni anno, in più di 100 Paesi è in amministrazione straordinaria. La sua direzione, azzerati i vertici, avocata dal segretario di Stato Marco Rubio.

Non è il primo provvedimento emesso da un magistrato. Mercoledì la giudice federale del Maryland Deborah Boardman ha bloccato per un tempo indefinito lo stop allo Ius Soli imposto con uno dei primi ordini esecutivi firmati dal presidente Usa. La giudice ha accolto il ricorso presentato da alcuni gruppi per i diritti civili che contestavano la costituzionalità dell’ordine del presidente, che violerebbe il XIV Emendamento. L’ingiunzione della giudice si applica a livello nazionale e rimarrà in vigore fino alla sentenza. Anche a Seattle un giudice federale aveva bloccato l’ordine sul diritto di cittadinanza, garantito dalla Costituzione, per chi nasce su suolo americano.

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