Come funzionava la truffa a nome di Crosetto: il riscatto per i soldati e la voce finta con l’Ai
“Ci sono dei soldati prigionieri da liberare pagando un riscatto”. Altre volte erano invece giornalisti, sfruttando il recente caso di Cecilia Sala. Con questa scusa almeno due imprenditori sono stati raggirati da un finto ministro della Difesa Guido Crosetto. Milanesi, benestanti, i due sono stati contattati dai truffatori che, complice anche l’intelligenza artificiale per camuffare le voci – dello stesso ministro, di un sedicente funzionario della Difesa o di un generale – hanno provato via telefono a ottenere ingenti bonifici. Riuscendosi, almeno in un caso, con un versamento da un milione di euro.
Lo schema era sempre lo stesso: il tema dei rapiti, una prima chiamata dalla segreteria, poi quella del finto ministro con una voce camuffata e poi i contatti con presunti generali e collaboratori e mano a mano la raccolta di denaro “perché – dicevano – abbiamo i nostri uomini in Iran, le trattative sono ancora in corso, serve un altro sforzo, vogliono più soldi”. E addirittura raccontavano che quel denaro, poi, sarebbe stato restituito attraverso Bankitalia, l’ennesima bugia.
Sulla vicenda indaga la procura di Milano. L’inchiesta, coordinata dal procuratore Marcello Viola e dal pubblico ministero Giovanni Tarzia, ipotizza – anche sulla base di quanto raccontato dallo stesso ministro della Difesa – che i truffatori abbiano tentato il raggiro ad almeno altre tre persone. Da quanto si è saputo, i truffatori si presentano come persone dello staff di Crosetto e hanno obiettivi “mirati” che possono versare molti soldi. Le telefonate arrivano da un numero con prefisso di Roma, definito ‘plausibile’ dagli inquirenti. Il fascicolo a Milano è aperto per l’ipotesi di reato di truffa aggravata dal danno di rilevante entità e al momento è a carico di ignoti.
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