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Vietato inviare ai detenuti anche indumenti di pile, farina e lievito: le carceri della Sicilia protestano contro la nuova circolare

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Nelle carceri siciliane, sovraffollate, spesso fatiscenti e senza riscaldamento, da metà gennaio è vietato ricevere alcuni viveri (come la farina) e indumenti (come i tessuti in pile) per effetto di una normativa nazionale. Fuori dall’Ucciardone di Palermo, sabato 8 febbraio, associazioni e familiari dei detenuti hanno indetto un sit-in per chiedere che le nuove regole siano riviste. In alcuni istituti – come al Pagliarelli, sempre nel capoluogo siciliano – ci sono state proteste pacifiche, con pentole battute sulle grate, rinunce a vitto e sopravvitto (il cibo che si può acquistare dentro i penitenziari). “In un carcere come il Pagliarelli, in cui non c’è l’impianto di riscaldamento, proibire coperte e pile significa limitare l’unica possibilità di scaldarsi”, spiega a ilfattoquotidiano.it il Garante dei diritti dei detenuti del comune di Palermo, Pino Apprendi. Ma la limitazione indiretta è anche ai diritti che rendono vivibile il carcere. “Al Pagliarelli, per esempio, il 40% dei detenuti viene da fuori regione, in molti altri casi è straniero e quasi sempre è indigente, il pacco da fuori è un modo per salvaguardare i rapporti con la famiglia e risparmiare qualche soldo, vietare perfino farina e lievito vuol dire azzerare i già rari momenti di svago e socialità”.

La normativa L’ordine di servizio, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare nella forma applicata da una singola casa circondariale, ma che è o sarà esteso nella stessa forma da tutte le direzioni penitenziarie, stabilisce il divieto di acquisto e ricezione di alcuni indumenti o viveri per due ragioni: pericoli per la sicurezza o espressioni di “privilegio”. Vengono proibiti alimenti di base e non, come farina, latticini, pesce crudo, crostacei, pesce a taglio (tonno, pesce spada, salmone), biscotti. Tra i generi vietati ci sono scaldacollo, coperte, pile, cuffie per pc, prodotti per la pulizia e l’igiene personale, farmaci. “Constatiamo con estrema preoccupazione – dice l’avvocato Giorgio Bisagna, presidente di Antigone Sicilia – che aumenta l’esigenza di porre restrizioni e divieti ma si fa pochissimo per rieducare e dare una dimensione dignitosa alla detenzione, come prevede la Costituzione”. Il documento contiene poi un elenco di prodotti inammissibili in quanto “brand di valore” che possono “riferirsi a una condizione di privilegio”, tra cui diversi modelli di scarpe Adidas (come Sply 350 o Ultra boost), beni firmati Dolce&Gabbana, Dior, Ducati, Marlboro, Gucci. I provvedimenti cercano di evitare l’ingresso di indumenti difficilmente controllabili, infiammabili o pericolosi, ma anche di limitare quello che può far emergere disuguaglianze di reddito tra i reclusi portando a disordini. Il rischio però è di creare tensione in una situazione che già non è rosea.

I casi di Catania e Palermo – Tra gennaio e febbraio Antigone ha fatto diversi sopralluoghi negli istituti per verificare le condizioni di strutture e detenuti. Due le situazioni più critiche: in piazza Lanza a Catania e al Pagliarelli di Palermo, uno dei penitenziari più grandi d’Italia, con 1.165 posti regolamentari, dove l’associazione si è recata con il garante comunale. “C’erano 1.435 detenuti e tantissime persone con problemi psichiatrici senza adeguata assistenza”, dice Bisagna. In proporzione, i numeri sono anche più complessi nella casa circondariale di piazza Lanza, che ha una capienza di 279 posti ma a gennaio ne occupava 422, con sei o sette detenuti per cella. Il carcere catanese è in buono stato, ristrutturato da poco, ma i numeri sono altissimi e, stando ai dati di Antigone, un centinaio di reclusi sono tossicodipendenti. “C’è grande preoccupazione per l’entrata in vigore della circolare da gennaio – spiega l’avvocata Roberta Guzzardi di Antigone in una nota successiva alla visita del carcere di piazza Lanza – perché riduce fortemente l’ingresso di beni di prima necessità, limitando così quei pochi momenti di ‘normalità’ in grado di attenuare quel senso di distacco dal mondo esterno, come i pranzi e le cene con i compagni di cella”.

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