Libia e migranti, torna a girare la fake news dei “700mila pronti a partire”: il dato nella relazione del Copasir, che dice altro
Due anni fa si trattava di un rapporto degli apparati di sicurezza inviato al governo. Oggi della relazione del Copasir “sulla situazione geopolitica del continente africano e sui suoi riflessi sulla sicurezza nazionale”. Ma stavolta il documento è pubblico (questo il link) e non dice affatto quanto alcuni organi di stampa stanno attribuendo al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. “In Libia ci sono 700 mila migranti irregolari pronti a partire“, hanno titolato alcune agenzie e ripreso alcuni quotidiani, interpretando un dato, quello della presenza straniera in Libia, che la relazione del Copasir non trasforma in alcun modo nella minaccia spesso paventata. Da ultimo nella vicenda del torturatore libico Almasri, che il governo avrebbe liberato anche per evitare “un’improvvisa ondata di partenze” via mare.
Il 12 marzo 2023 ci cascò anche il Corriere della Sera: “Nei rapporti settimanali sull’immigrazione che vengono mandati al governo italiano, gli apparati di sicurezza e gli analisti sottolineano come in Libia, nei campi di detenzione ma non solo, ci siano 685 mila migranti irregolari pronti a partire per sbarcare sulle coste italiane”, scriveva. L’ultimo censimento allora disponibile dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) contava in Libia 683 mila “international migrants”, che nei rapporti Oim sono tutte le persone “che cambiano il proprio paese di residenza abituale”. Insomma, tutti gli stranieri presenti in Libia, compresi quelli rinchiusi nei centri di detenzione come quelli guidati da Almasri, poche migliaia sul totale di circa 7.000 detenuti tra Tripolitania, Cirenaica e Fezzan.
I migranti internazionali sarebbero oggi 787.326, dato raccolto dall’Oim tra agosto e ottobre 2024 e coerente con quello raccolto dal Copasir. “Secondo quanto riferito nelle audizioni svolte, sono presenti circa 700 mila immigrati irregolari in Libia”, si legge nel documento approvato il 5 febbraio dal Comitato, che in base agli elementi raccolti sviluppa poi una serie di raccomandazioni al Parlamento. Ma nemmeno qui si parla di migranti “pronti a partire”. E non a caso. Ancora una volta, il dato è sovrapponibile a quelli dell’Oim, che evidenziano come “nove migranti su dieci (87%) in Libia hanno dichiarato di non possedere un permesso di lavoro“. Niente di strano in un Paese che non offre alcuna garanzia di tutela dei diritti fondamentali e dei potenziali richiedenti asilo, non avendo neppure ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Per questo non è sbagliato parlare di “700mila immigrati irregolari”, senza però dimenticare che il 79% degli stranieri lavora, soprattutto nelle costruzioni e nell’agricoltura, e che la Libia rimane anche e soprattutto un Paese di destinazione.
Quello che però disinnesca l’allarme dei 700mila irregolari pronti a imbarcarsi è il confronto tra l’origine degli stranieri in Libia e le principali nazionalità di chi sbarca in Italia. Il 26% degli immigrati oggi in Libia viene dal Sudan, il 24% dal Niger, il 21% dall’Egitto, il 10% dal Ciad e il 4% dalla Nigeria. Al contrario e coerentemente con il 2024, i 4.144 migranti sbarcati dall’inizio dell’anno provengono da Bangladesh (32%), Pakistan (21%), Siria (12%) ed Egitto (8%), mentre un ulteriore 11% viene da altri Paesi. Egitto a parte, Paese confinante con un’alta percentuale di occupati in Libia (93%), nessuna delle altre principali nazionalità presenti in Libia compare tra le prime dieci che sbarcano in Italia. Inoltre, per il 70% di sudanesi, nigerini e non solo, il denaro che inviano a casa è la fonte primaria di reddito per le loro famiglie, che utilizzano le rimesse per coprire i bisogni alimentari. Per la maggior parte, insomma, interrompere l’invio di denaro per rischiare la vita in mare semplicemente non è un’opzione. Quanto ai Paesi d’origine di chi arriva in Italia via mare, secondo la rilevazione Oim i bangladesi in Libia sono 19.820, i Pakistani 4.442 e non tutti quelli intervistati hanno espresso l’intenzione di proseguire verso altri Paesi, Europa compresa.
Numeri che è bene conoscere anche solo per seguire le raccomandazioni del Copasir per il contrasto al traffico di migranti. Il Comitato suggerisce di potenziare le autorità di contrasto e cooperazione internazionale, di intensificare la collaborazione con i Paesi terzi d’origine e transito, attuando prevenzione, sensibilizzazione, conoscenza e monitoraggio del fenomeno. Inoltre, invita ad adottare politiche più incisive per la migrazione regolare, considerando “le cause profonde dell’attuale situazione in cui versa il continente africano – conclude la relazione – che affondano le loro radici in ragioni di carattere storico, acuite dai cambiamenti climatici, dalle condizioni di estrema povertà, dalle crisi alimentari, dallo spesso carente accesso all’acqua potabile, nonché da fattori quali l’instabilità politica, la presenza di regimi non democratici e spesso connotati da alti tassi di corruzione, le forti diseguaglianze sociali, il terrorismo, la penetrazione di potenze autoritarie”.
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