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Hamas rinvia il prossimo rilascio di ostaggi. Israele: “Massima allerta”. Trump: “Mio piano non prevede il ritorno dei palestinesi a Gaza”

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Hamas ha annunciato il rinvio a tempo indeterminato per il prossimo scambio di ostaggi-prigionieri in base all’accordo di tregua, accusando Israele di non aver rispettato i termini dell’intesa. “Il rilascio dei prigionieri, programmato per sabato 15 febbraio 2025, sarà posticipato fino a nuovo avviso, in attesa del rispetto da parte dell’occupazione e dell’adempimento retroattivo degli obblighi delle ultime settimane. Riaffermiamo il nostro impegno nei confronti dei termini dell’accordo fintantoché l’occupazione vi aderirà”, ha affermato in una dichiarazione Abu Ubaida, portavoce delle Brigate Ezzedine al-Qassam, ala armata di Hamas.

“Nelle ultime tre settimane, la leadership della resistenza ha preso atto delle violazioni da parte del nemico e il mancato rispetto dei termini dell’accordo, incluso il ritardo nel ritorno dei profughi nel nord della Striscia di Gaza, averli presi come obiettivo di bombe e artiglieria in diverse zone della Striscia, non consentire agli aiuti umanitari di qualunque tipo di entrare nella regione come concordato mentre la resistenza ha attuato i suoi obblighi”, si legge in un comunicato diffuso dall’account Telegram di Hamas in cui si chiede anche a Israele di “compensare” per le violazioni delle ultime settimane retroattivamente oltre che rispettare gli impegni presi.

Immediata la risposta di Tel Aviv. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha affermato che “l’annuncio di Hamas è una totale violazione dell’accordo di cessate il fuoco e dell’accordo per il rilascio degli ostaggi”. “Ho dato istruzioni all’esercito (Idf) di prepararsi al massimo livello di allerta per qualsiasi possibile scenario a Gaza e di proteggere le comunità”, ha aggiunto, “non permetteremo un ritorno alla realtà del 7 ottobre”.

Nel pomeriggio Donald Trump ha aggiunto un altro tassello all’annunciato “piano” per prendere controllo della Striscia di Gaza e trasformarla nella “riviera del Medio Oriente”. In un’intervista a Fox News il presidente degli Stati Uniti ha detto che i palestinesi non avrebbero “alcun diritto” a ritorno fare ritorno nell’enclave “perché avranno alloggi molto migliori“. “In altre parole, sto parlando di costruire un posto permanente per loro”, ha spiegato. “Sono impegnato a comprare e possedere Gaza – aveva detto poche ore prima ai giornalisti a bordo dell’Air Force One mentre si recava a New Orleans, in Louisiana, per assistere alla 59° edizione del Super Bowl -. Per quanto riguarda la nostra ricostruzione, potremmo dare ad altri Stati del Medio Oriente la possibilità di costruirne alcune parti, altri potrebbero farlo, sotto i nostri auspici. Ma noi ci impegniamo a possederla, a prenderla e ad assicurarci che Hamas non torni indietro”.

La Turchia ha espresso di nuovo la propria contrarietà. “Nessuno può imporre una seconda Nakba al popolo palestinese, né potrà mai farlo”, ha affermato Recep Tayyip Erdogan riferendosi all’esodo forzato di circa 700mila palestinesi dai territori occupati da Israele nel corso della prima guerra arabo-israeliana del 1948 e della guerra civile che l’aveva preceduta. Da Kuala Lumpur, il presidente turco ha ribadito le accuse al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che secondo Ankara dovrebbe rispondere per i danni provocati con l’operazione militare contro Hamas avviata il 7 ottobre 2023. “L’amministrazione israeliana deve prima di tutto pagare per la distruzione che ha provocato e avviare il processo di ricostruzione a Gaza. Il costo della distruzione di Gaza viene stimato in 100 miliardi di dollari e Israele e il governo Netanyahu ne sono responsabili – ha detto Erdogan -. Invece di cercare un posto per gli abitanti di Gaza, Netanyahu dovrebbe cercare una fonte per i 100 miliardi di dollari di danni provocati a Gaza”.

Anche il presidente siriano ad interim, Ahmed al-Sharaa, ha criticato la proposta di Trump, sostenendo che “nessuna potenza può espellere un popolo dalla sua terra”. “Molti Paesi ci hanno provato e tutti hanno fallito, soprattutto durante la recente guerra a Gaza”, ha affermato al-Sharaa in un’intervista al podcast ‘The Rest is Politics’. “Le persone hanno sopportato dolore, omicidi e distruzione e si sono rifiutate di lasciare la loro terra. Per oltre 80 anni di guerra, ogni tentativo di spostare (i palestinesi, ndr) è stato respinto. Coloro che se ne sono andati si pentono della loro decisione”, ha affermato il leader siriano, evidenziando che “non sarebbe intelligente, né corretto dal punto di vista morale o politico da parte di Trump guidare gli sforzi per cacciare i palestinesi dalla loro terra”.

Gli unici a esultare per il piano sono gli israeliani. “Il presidente Trump ha presentato una visione nuova e rivoluzionaria per il dopo Hamas” a Gaza, ha detto Netanyahu parlando al plenum della Knesset durante un voto di sfiducia nei confronti del governo, e “dopo un periodo difficile, siamo d’accordo con l’amministrazione statunitense su tutti gli obiettivi della guerra”. Il primo ministro si è poi rivolto ai membri dell’opposizione che lo stavano fischiando e ha detto: “Continuate a parlare del ‘giorno dopo’ e ora l’avete ottenuto. Il vostro problema è che non corrisponde alla narrazione di Oslo. Vi rifiutate di imparare”. Netanyahu ha aggiunto che Israele non è mai stato così forte e che il suo incontro con Trump “è stato il più importante, il più amichevole e il più significativo” tra qualsiasi primo ministro israeliano con un presidente degli Stati Uniti.

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