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Processo Finlombarda, in appello cinque assoluzioni grazie al depotenziamento del traffico di influenze

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La recente modifica del governo Meloni del reato traffico di influenze, svuotato di fatto dei sui cardini, ha portato all’assoluzione cinque imputati “perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato” anche se la Procura generale aveva chiesto la conferma delle condanne inflitte in primo grado. I giudici della IV sezione penale della Corte d’Appello milanese (giudici Tutinelli-Fagnoni-Marchiondelli) hanno anche emesso una sentenza di non luogo a procedere per tre imputati prosciolti per intervenuta prescrizione.

Erano tutti imputati nel processo scaturito da un’inchiesta emersa con perquisizioni nel 2017 sul cosiddetto ‘caso Finlombarda, dal nome della società finanziaria in house di Regione Lombardia parte offesa e parte civile nel procedimento. Indagine che vedeva al centro, per la Procura, un presunto sistema di corruzione che avrebbe riguardato alcuni strumenti di credito per medie e piccole imprese ovvero le iniziative ‘Credito Adesso’ e ‘Made in Lombardy’ e il progetto ‘Minibond’. In primo grado nel 2022 erano state emesse condanne da 1 anno e 4 mesi fino a 2 anni, con derubricazione del reato da corruzione a traffico di influenze illecite, per i principali imputati. Tra gli assolti Mario Cesaroni, ex presidente di Confapi Milano (Confederazione della piccola e media impresa), difeso dall’avvocato Gabriele Vitiello, e l’imprenditore Antonio Desiata.

La riforma Nordio ha ridotto l’ambito di applicazione del traffico di influenze illecite, reato introdotto nel 2012 dalla legge Severino. Prima della riforma l’articolo 346-bis del codice penale puniva chi, “sfruttando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale (…) indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale, (…) ovvero per remunerarlo, in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”. Il ddl ha restritto i criteri, prevedendo che le relazioni tra il mediatore e il pubblico ufficiale debbano essere “esistenti” e non più anche solo “asserite“, cioè millantate. L’utilità data o promessa, poi, dovrà essere “economica“: non basterà più uno scambio di favori non monetizzabile. Infine, e soprattutto, la nuova norma definisce il concetto di “mediazione illecita”, che è tale solo se finalizzata a commettere un reato.

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