Bpm sul golden power: “Politica industriale sulle banche è sana, una scelta politica sui singoli meno”
“Sarebbe molto grave se un operatore di mercato decidesse di realizzare un’operazione per guadagnare i favori di qualcun altro”. Netto il commento dell’amministratore delegato del Banco Bpm, Giuseppe Castagna, alla sola ipotesi che Unicredit abbia preso posizione sulle Generali per utilizzare la quota di oltre il 5% nel Leone di Trieste come merce di scambio per aggirare l’ostacolo dei poteri speciali di veto del governo, il cosiddetto golden power, sull’acquisizione della stessa Bpm da parte di Unicredit. Il governo, è il sottinteso del ragionamento di chi ha posto la questione, non è indifferente rispetto a quello che Andrea Orcel deciderà di fare con la sua partecipazione nel conglomerato finanziario più importante nel Paese. Primo per la questione dei 390 miliardi di euro di risparmi degli italiani custoditi dalle Generali, che nei desiderata del cda della compagnia saranno gestiti in tandem con i francesi di Natixis. Secondo perché il 13% di Trieste è il cuore del patrimonio di Mediobanca, istituto a sua volta oggetto di un’offerta di acquisto da parte del Monte dei Paschi di Siena che ha come primo azionista il ministero dell’Economia seguito da Caltagirone, i Del Vecchio e la stessa Bpm.
Caccia di favori o meno, apparentemente per Castagna poco conta: a chi gli chiede quali sono i punti cardine su cui si può fare leva per intervenire su un’acquisizione bancaria ai sensi del Golden Power, risponde da manuale: “Credo che i temi che interessano il Paese siano assicurare che il credito sia erogato e una adeguata competizione, evitare lo spopolamento delle filiali. Una politica industriale sulle banche è sana ed è corretta, una scelta politica sulle singole banche mi pare lo sia meno”. Non lo dice, ma se l’assunto è corretto il governo avrà ben poche armi per ostacolare la calata di Unicredit sul Banco. E, di conseguenza, aver comprato più del 5% delle Generali per usarlo come merce di scambio, oltre che grave sarebbe come aver comprato un bazooka quando bastava una fionda. Ma Castagna non si spinge a tanto. Gli scappa solo una battuta sul senso della disciplina di Orcel, che per un ex carabiniere non è poco. Unicredit ha “il 30% di Commerzbank, il 5% forse l’8% di Generali, l’offerta su di noi – sottolinea – Dicono di essere disciplinati ma questa disciplina io non la capisco”. E ancora: “Mi auguro che abbiano una disciplina perché con questi numeri è complicato”, chiude a proposito dello stacco tra l’andamento del titolo di Banco Bpm in Borsa e i parametri finanziari dell’offerta di Unicredit. Tuttavia Castagna riconosce che le carte di Unicredit sono ancora coperte e, in attesa che l’offerta venga rivista al rialzo, “questo è il place to be, poi arrivasse l’offerta della vita” si vedrà “ma al momento non c’è”.
Quello che gli azionisti di Bpm possono vedere per ora sono i conti del 2024, che si è chiuso con un utile cresciuto del 52% a 1,9 miliardi di euro, il 79% dei quali verranno distribuiti ai soci sotto forma di dividendo. Ma ancor di più il Banco promette di fare nel prossimo quadriennio, quando in base a una revisione del piano al 2027, l’utile passerà dagli 1,9 miliardi del 2024 ai 2,15 miliardi attesi per il 2027, producendo profitti cumulati nel periodo per 7,7 miliardi, il 79% dei quali – circa 6 miliardi in 4 anni – sono stati promessi ai soci. Senza contare 1 miliardo di euro che verrà investito in azioni della banca nel caso in cui la Bce riconoscesse a Bpm Vita i benefici patrimoniali per l’acquisizione di Anima a un prezzo che verrà aumentato di 80 centesimi per azione, previo il via libera dei soci all’assemblea di fine mese.
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