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Anche Ranieri, nel suo piccolo, s’incazza: l’attacco a Rosetti e l’impotenza dell’Italia (con Gravina che resta a guardare)

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Anche Ranieri, nel suo piccolo, s’incazza. Parafrasando il titolo del libro di Gino&Michele (“Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano”), lo sfogo dell’allenatore romanista dopo la gara di Porto fa rumore: proviene da un signore di 73 anni che nel calcio ha visto tutto e il contrario di tutto. Mai visto un tecnico che, a fine partita, urla ai giocatori di non andare a salutare l’arbitro. In pochissime occasioni abbiamo registrato un Ranieri così incazzato e, soprattutto, così schierato contro il sistema. Il tedesco Stieler, spedito a dirigere il match di Porto, è il primo obiettivo. Ma poi Ranieri punta verso l’altro: il designatore Rosetti, l’uomo che governa il traffico dei fischietti in Europa. Per la precisione: presidente (dal 2018) della Commissione Arbitri dell’Uefa.

Ranieri temeva già alla vigilia la scelta di consegnare all’avvocato di Obertshausen una sfida delicata come quella del Dragao. Il curriculum di Tobias Stieler, 43 anni, internazionale dal 2014 e considerato “d’élite”, parla chiaro: con lui chi gioca in trasferta ha sempre vita difficile. Premesso che la Roma ha pareggiato una partita che fino all’1-1 di Moura stava gestendo senza problemi e che la rete del Porto è maturata sull’ennesimo contropiede incassato in modo scriteriato – il numero 11 della stagione, nessuno come i giallorossi in Europa -, non si può negare che la direzione di gara abbia influito nel corso del match. Otto cartellini gialli sventolati in faccia ai romanisti, tre ai portoghesi: la sproporzione è evidente e non rispecchia il film che abbiamo visto sul campo. Le ammonizioni di Saelemaekers e Baldanzi sono state fiscali all’eccesso, mentre il fallaccio di Varela, che ha azzoppato Dybala, avrebbe meritato almeno la visione del VAR. In generale, c’è stata tolleranza per il Porto e severità per la Roma: è questo il maggiore appunto che si può rivolgere a Stieler.

Nello sfogo, Ranieri ha detto diverse cose: Rosetti non può ignorare il curriculum degli arbitri; Rosetti è lo stesso designatore che affidò la finale di Budapest di Europa League Roma-Siviglia all’inglese Taylor, disastroso da sempre nei sacri confini della Gran Bretagna; Stieler aspettava l’occasione per concedere un rigore al Porto. Dichiarazioni potenti, che hanno riportato in alto la considerazione del popolo romanista nei confronti tecnico dopo la conferenza stampa della scorsa settimana in cui Ranieri aveva messo a nudo i problemi finanziari del club. I social, ovvio, godono: sono state riproposte più volte le famose corna di Cassano mostrate a Rosetti nella finale di Coppa Italia contro il Milan, il 31 maggio 2003.

Il caos Roma è maturato ventiquattro ore dopo il rigore assurdo concesso al Bruges contro l’Atalanta, in pieno recupero. Una decisione assurda da parte dell’arbitro turco Umut Meler, diventato celebre nel mondo per l’aggressione e il pestaggio subito in campo nel dicembre 2023 da parte del presidente dell’Ankaragucu. L’Atalanta, dopo lo sfogo di Gasperini (“c’è un problema in Italia e in Europa, il calcio è guidato da persone che stanno stravolgendo questo sport”), ha scelto la strada del silenzio. Anche l’Atalanta, come la Roma, ci ha messo del suo nella notte di Bruges, giocando al ribasso, ma la scelta scellerata di Meler ha inciso in modo pesante nel risultato. La Spagna, che in questa tornata ha superato l’Italia nel ranking Uefa ed è quindi favorita per incassare la quinta squadra in Champions, ringrazia. La Spagna, urge ricordarlo, dei grandi club come Real Madrid e Barcellona, ma anche di un presidente della Lega potente come il simpatizzante franchista Javier Tebas, da sempre contrario al progetto della Superlega (“sembra un circo”) del nemico Florentino Perez, ma che di recente, per completezza d’informazione, ha criticato la nuova formula della Champions (“oggi voterei contro”).

Se Ranieri s’incazza, la questione è seria. Anzi, un po’ ‘gravina’, e qui bisognerebbe porsi una domanda: come si pone e come si porrà il presidente della federazione, che è anche vicepresidente Uefa, di fronte ai dossier Roma-Atalanta? Il calcio non è un circo, tanto per rispondere a Tebas, ma un’organizzazione chiusa e autoreferenziale, gestita da personaggi che, se esistesse davvero, non supererebbero l’esame di idoneità. Le battaglie di potere meriterebbero una fiction (già, quando?), i colpi bassi sono all’ordine del giorno, si fanno e si disfano alleanze: tutto in nome del dio denaro. E l’Uefa, lo sanno anche le formiche di Gino&Michele, è una formidabile macchina di soldi. A parte, resta la questione arbitri: il caos di questi tempi, la mediocrità di diversi fischietti internazionali, la lotta sotterranea al VAR mai gradito, le carriere da proteggere, le poltrone da conquistare. Houston, abbiamo un problema.

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