Abbiategrasso non ci sta e vuole diventare la capitale dell’antimafia
Abbiategrasso non ci sta. L’8 febbraio scorso viene convocata una manifestazione in piazza Marconi. Sotto la pioggia. Un secondo appuntamento previsto per il 15 febbraio è stato rimandato all’ultimo (per un’indisposizione di don Luigi Ciotti che doveva essere presente). Abbiategrasso, l’hub di Cosa Nostra al nord, diventa la capitale dell’antimafia.
Due date. Le prime, di una lunga serie che tracceranno un percorso decollato subito dopo la conferma della Cassazione che ha portato in carcere Paolo Errante Parrino il 28 gennaio scorso. Un arresto che per diversi ha significato tornare a parlare della possibilità dello scioglimento del comune. Ipotesi che non risulta essere al vaglio della Prefettura, ma che riemerge nei dialoghi tra addetti ai lavori e cittadini impegnati, non solo per la conferma della consistenza dell’accusa per associazione mafiosa per il 76enne, ma anche dalla lettura delle carte che hanno portato all’arresto di Giovanni Bosco.
Andiamo con ordine. Errante Parrino non solo vanta una parentela acquisita con Matteo Messina Denaro, ma ha anche, sulle spalle, una condanna a 10 anni di reclusione. “Uomo d’onore della famiglia di Castelvetrano”. Con la stessa accusa ora la richiesta d’arresto della DDA viene accolta. Lui però è qui ad Abbiategrasso. Non in Sicilia…
L’arresto è una vittoria della Dda milanese, ma di Errante Parrino e delle sue prodezze se ne parlava da anni. Nelle carte dell’arresto viene descritto come un uomo che metteva a disposizione dell’associazione la propria sfera relazionale politico-istituzionale, intrattenendo rapporti con esponenti della politica abbiatense.
Perché qui c’entra anche la Politica. Come nelle migliori storie di mafia.
Non solo però Errante Parrino, a cui hanno chiuso anche il bar. Prima di lui l’arresto è arrivato anche per un altro abbiatense, anch’esso originario di Castelvetrano, anche lui come Parrino imparentato con Matteo Messina Denaro: l’avvocato Giovanni Bosco. Subito dopo l’arrivo della Guardia di Finanza, il 22 aprile 2024, muore per un infarto prima di entrare in carcere. Nei giorni successivi il Sindaco e l’Amministrazione Comunale di Abbiategrasso lo commemorano con un manifesto in sua memoria.
Nella carte del suo arresto vengono citati due funzionari pubblici. Uno di questi per Bosco pare essere un riferimento per evitare di pagare l’Imu arretrata su due padiglioni acquistati a prezzi ribassati.
Nelle carte del suo arresto si scopre anche che nel 2011, l’avvocato Bosco, era stato condannato per corruzione di un dipendente dell’Agenzia delle Entrate, forzando il sistema informativo, aveva alterato i dati annullando le cartelle esattoriali per 230 mila euro. Il gip lo descrive come un uomo che si mette a disposizione su un piano di assoluta parità se non addirittura superiorità con soggetti condannati per 416 bis come Antonino Carollo e Salvatore Zacco.
Quando Trezzano divenne uno dei fortini di Cosa Nostra al Nord, scrive Wikimafia, i Carollo e i Ciulla si occuparono di ricevere l’eroina dalla Turchia per poi dirottarla alla raffineria di Alcamo in Sicilia. Antonino Carollo è stato condannato per 416 bis nell’ambito dell’operazione Duomo Connection quale affiliato di Cosa Nostra condannato a 24 anni di carcere per diversi reati tra cui l’associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Gaetano, il padre fu ucciso Il 1° giugno 1987, davanti a una villetta di Liscate. Nel 2005 a Palermo vengono condannati in via definitiva Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, ritenuti i mandanti di quell’omicidio. Per gli esecutori si aspetterà il 2013. Nella stessa occasione vengono condannati anche i mandanti dell’ultimo fatto di mafia legato a Cosa Nostra accaduto in Lombardia l’uccisione di di Alfio Trovato, uomo di Jimmy Miano, ucciso nel 1992 dal killer catanese Santo Mazzei.
Nessuno più fu condannato per 416 bis per appartenenza a Cosa Nostra in Lombardia.
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