Chiusa l’indagine veneziana che accusa il sindaco Luigi Brugnaro e i suoi collaboratori di corruzione
Si è conclusa a sette mesi dai clamorosi arresti e dalle perquisizioni della scorsa estate l’inchiesta sul malaffare nel Comune di Venezia. Tutte le ipotesi di accusa nei confronti del sindaco Luigi Brugnaro e dei suoi più stretti collaboratori in municipio sono state confermate, anche se al momento c’è il semplice deposito degli atti. Agli indagati in particolare è contestato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, in relazione al tentativo di far acquistare al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong l’area dei Pili che era di proprietà di Brugnaro.
I pubblici ministeri Roberto Terzi e Federica Baccaglini hanno notificato le comunicazioni a 35 indagati e a 15 imprese coinvolte. Non è mutata, rispetto al luglio scorso, la struttura delle accuse, come erano illustrate in un corposo provvedimento che portò in carcere l’allora assessore alla viabilità Renato Boraso, con una lunga sfilza di episodi contestati. Dopo essere rimasto a lungo detenuto ed essere tornato agli arresti domiciliari Boraso ha chiesto il patteggiamento.
Ruota attorno ai reati di corruzione e turbativa d’asta il capitolo che ha avuto maggiori riflessi politici, perché ha scoperchiato una gestione asseritamente personalistica da parte di Brugnaro. Il sindaco non solo non ha risolto in modo radicale il conflitto d’interessi legato alle sue aziende, ma si sarebbe avvalso dei più stretti collaboratori del gruppo economico nella gestione del Comune. Per l’affare dei terreni Ai Pili sono stati tirati in ballo anche Morris Ceron, direttore generale e capo di gabinetto del sindaco, e Derek Donadini, vice capo di gabinetto a Ca’ Farsetti.
Secondo i pubblici ministeri era stato praticato uno sconto di 3 milioni 200 mila euro sul prezzo di vendita di Palazzo Papadopoli, quale favore per ingraziarsi il magnate di Singapore che cercava di fare affari in Laguna. Il palazzo, che è rimasto inutilizzato, rientrava nella partita dei Pili, un’area di 41 ettari che Brugnaro aveva acquistato nel 2005 quando non era ancora sindaco. Avrebbe voluto venderla a Ching per un prezzo di 150 milioni di euro, nonostante fosse fortemente inquinata, visto che si trova al limite della laguna a Marghera. Mentre avveniva la cessione del palazzo, si era sviluppata la trattativa dei Pili, che ha fatto finire tra gli indagati anche Luis Carlo Antonio Lotti, referente in Italia di Ching,
Il grande accusatore in questa vicenda è l’imprenditore trevigiano Claudio Vanin, che aveva raccontato molti dettagli nel corso di una trasmissione di Report. I sospetti finiti nell’inchiesta erano stati più volte sollevati dalle minoranze in consiglio comunale, ma avevano sempre ricevuto secche smentite da parte di Brugnaro che aveva negato conflitti d’interesse e comportamenti opachi. Tra il 2016 e il 2017 all’imprenditore asiatico sarebbe stato promesso un aumento dell’indice di edificabilità sui 41 ettari di terreno, nel caso li avesse acquistati. Come contropartita Brugnaro avrebbe ricevuto l’impegno di Ching a costruire un palazzetto dello sport a beneficio della Reyer, la squadra di basket del sindaco. Nell’affare a Boraso è contestato l’incasso di 73mila euro e per questo è accusato di corruzione. L’inchiesta riguarda numerosi altri affari che ruotavano attorno a una serie di imprenditori con cui Boraso aveva un rapporto diretto e privilegiato, per i quali avrebbe intascato mazzette sotto forma di mediazioni.
In Tribunale, davanti al gip Carlotta Franceschetti, è in corso l’udienza preliminare a carico di Boraso, che ha chiesto il patteggiamento. Contro di lui sono costituiti parte civile il Comune di Venezia (chiede un risarcimento di due milioni e mezzo di euro), la Città Metropolitana e alcune società partecipate coinvolte nei comportamenti a disinvolti dell’ex assessore.
La notizia della chiusura delle indagini ha suscitato da parte di Brugnaro le stesse reazioni che aveva manifestato a luglio durante un consiglio comunale chiesto dalle minoranze, che ne avevano invocato le dimissioni. “Sono accuse ingiuste e infamanti. Io sono concentrato sul mio mandato di sindaco e sulla mia difesa. Non mi arrenderò e continuerò a occuparmi di politica”, ha detto il sindaco. Due giorni fa aveva annunciato che il suo movimento Coraggio Italia, assieme a Noi Moderati di Maurizio Lupi e Giovanni Toti (il governatore ligure dimessosi dopo l’arresto per corruzione), correrà alle prossime elezioni regionali in Veneto: “Siamo la quarta gamba del centrodestra e saremo uniti nella volontà di continuare il percorso di buona amministrazione che ha caratterizzato la nostra Regione negli ultimi anni”.
La chiusura dell’indagine denominata La palude ha registrato le reazioni delle opposizioni. Il verde Gianfranco Bettin, consigliere comunale: “La giunta deve andare a casa, perché ha fallito nelle sue politiche, vittima del gigantesco conflitto di interessi che riguarda da sempre la posizione di Brugnaro. Noi però restiamo sul terreno politico, mentre la magistratura fa il suo lavoro. Adesso serve un’amministrazione completamente nuova”. Marco Gasparinetti, del movimento civico Terra e acqua, uno dei grandi accusatori del sindaco: “In ogni consiglio comunale straordinario avevamo cercato di far capire che c’è un limite a una gestione disinvolta, in cui si mescolano interessi privati che non potevano non avere conseguenze sul piano etico e forse anche giuridico”.
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