Sanremo 2025, disastro dei tecnici Rai: Bresh e Cristiano De André costretti a esibirsi tre volte sul palco dell’Ariston con “Creûza de mä”

La quarta serata del Festival di Sanremo è stata quella dedicata alle cover. Ieri si sono esibiti tutti i cantanti in gara: in sei hanno deciso di unire le forze e formare tre coppie, gli altri hanno collaborato con artisti esterni al Festival. Bresh ha stupito tutti con una scelta molto particolare. L’artista genovese ha infatti cantato con Cristiano De André, figlio del celebre cantautore Fabrizio De André, sulle note di “Creûza de mä”, capolavoro scritto in dialetto genovese, che descrive perfettamente il capoluogo ligure.

La scelta di Bresh è stata molto apprezzata dal pubblico, nonostante i continui problemi tecnici che hanno funestato l’esibizione. Ieri, Bresh si è esibito per 25esimo (penultimo) e ha dovuto combattere, oltre che con l’ansia, anche con una serie di disguidi tecnici. La prima volta l’artista stava per iniziare a cantare, ma non si sentiva in cuffia e il microfono era spento. Dopo vari tentativi dell’artista di segnalare il problema a gesti, sono intervenuti i tecnici per risolvere l’incidente e ai due è stato permesso di ricominciare da capo. Ma anche la seconda esibizione è stata sfortunata, infatti la ricevente di De André si è sganciata e il tecnico stavolta è intervenuto in presa diretta, mentre De André mostrava tutto il suo disappunto, lasciando cantare solo Bresh. L’Ariston e la sala stampa hanno comunque mostrato solidarietà tributando ai due un lungo applauso. Al terzo tentativo, richiamati sul palco dopo l’ultima esibizione, i due sono riusciti finalmente a cantare senza intoppi.

Bresh ha spiegato il perché della sua scelta riguardo al particolare brano scelto: “Sono molto geloso di De André, – ha raccontato l’artista durante un’intervista a GQ – era quasi come se fosse la mia ragazza che amo da tutta la vita. Faber è di tutti, gli artisti sono un po’ di tutti, tutti siamo gelosi dell’artista che amiamo. E quindi, ‘Creûza de mä’, per me era tipo una fidanzata”. Era il 1984 quando uscì “Creûza de mä” di Fabrizio De André, caposaldo di un disco destinato ad attraversare tutti i mari.

Ma di cosa parla questo capolavoro scritto in dialetto ligure e così tanto amata dai genovesi? Creûza letteralmente è un termine ligure che indica il tipico viottolo stretto o mulattiera che taglia, spesso verticalmente, le colline del genovesato e di tutta la Liguria. Il testo è incentrato sulla figura dei marinai: per loro è arrivato il momento di uscire “da ‘n scitu duve a l’ûn-a a se mustra nûa e a neutte a n’à puntou u cutellu ä gua”, ovvero da un luogo, il mare, dove la Luna si mostra nuda perché nulla, se non le nuvole, la può nascondere, e dove la notte ha puntato il coltello alla gola. I marinai si ritrovano ad asciugare le loro ossa all’osteria di Andrea, “ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria”, luogo popolato da malviventi, ma anche da belle ragazze di buona famiglia “figge de famiggia udù de bun”. A questi marinai con le pance vuote Andrea offrirà cose da mangiare e da bere “Cose da beive, cose da mangiä”. A fine serata saranno tutti “ebbri ‘nt’ a barca du vin ghe navighiemu ‘nsc’i scheuggi” (in una barca di vino con la quale navigheremo sugli scogli). E quando arriverà la mattina, la luce li sveglierà tutti e il “baccan”, ovvero il capo, li legherà a una corda marcia d’acqua e sale, “marsa d’aegua e de sä”, che li riporterà al loro destino di marinai, ripercorrendo quella mulattiera di mare, “crêuza de mä” che è la costante della loro vita.

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