“A Sinner 3 mesi, a lei 6 anni”: in Spagna esplode la polemica per la pattinatrice Laura Barquero. Le differenze tra i due casi
In Spagna è riesploso il caso di Laura Barquero. Una vicenda che era finita nel dimenticatoio, ma che è tornata di attualità dopo la notizia del patteggiamento tra la Wada e Jannik Sinner sul caso Clostebol. La squalifica di tre mesi per il tennista numero 1 al mondo pare nulla rispetto ai 6 anni che la stessa Agenzia mondiale anti-doping propose alla pattinatrice sul ghiaccio spagnola. Barquero accettò quella squalifica, ma ora è tornata a parlare per denunciare l’atteggiamento della Wada. Anche lei, come Sinner, risultò positiva al Clostebol. Anche lei, come l’altoatesino, spiegò di essere vittima di una contaminazione dovuta al cicatrizzante Trofodermin. Anche nel corpo della pattinatrice, come per il tennista, fu trovata una quantità infinitesimale della sostanze, tale da non garantire alcun miglioramento nelle prestazioni sportive. Le analogie però finiscono qui: al di là delle polemiche che hanno preso piede in Spagna, infatti, ci sono molte differenze determinanti tra i due casi. Anche se la storia di Barquero, ancor più di quella di Sinner, dimostra come sia urgente mettere mano al sistema anti–doping per evitare punizioni ingiuste o sproporzionate.
Barquero ha raccontato la sua storia in un video per Hielo Español, pubblicato anche sui social. La pattinatrice spagnola fu trovata positiva al Clostebol la prima volta dopo le Olimpiadi invernali di Pechino 2022: “All’inizio ho pensato che fosse un errore e che non potesse succedere a me”. Al contrario di Sinner, però, Barquero non è riuscita a ricostruire esattamente come sia avvenuta la contaminazione. Da tempo si allenava in Italia e a Pechino aveva gareggiato in coppia con il pattinatore bolzanino Marco Zandron. La pattinatrice spagnola quindi ha ipotizzato di essere entrata in contatto con qualcuno dell’entourage che aveva utilizzato il Trofodermin: “Questa sostanza, il clostebol, è venduta in Italia in una crema comunemente usata chiamata Trofodermin, che viene usata per curare le ferite della pelle ed è venduta senza prescrizione medica e non è destinata a migliorare le prestazioni sportive. È stata la causa di decine e decine di disgrazie tra gli atleti italiani“, ha spiegato Barquero.
La pattinatrice spagnola ha raccontato come a suo parere è avvenuta la contaminazione: “Ho avuto la sfortuna di essere contaminata accidentalmente da una crema che aveva acquistato un collega e che persone a me vicine avevano usato. Quello che non potevo immaginare è che per risultare positivi basta toccare una persona che ha usato quella crema o toccare un oggetto che è stato a contatto con la crema e mi sembra terribile che in Italia così tanti sportivi vivano esposti avendo a portata di mano questa sostanza che è di uso comune e che chiunque può acquistare”. Il caso Sinner d’altronde è l’ennesima prova di questo pericolo, tanto che la stessa Barquero auspica che la Wada “prenda provvedimenti” per sanare questa situazione.
Dopo la positività Barquero fu sospesa, al contrario di Sinner, proprio perché non fu in grado di ricostruire quanto accaduto con gli stessi dettagli forniti dall’altoatesino. La pattinatrice però decise di ricorrere all’esame del capello per dimostrare come il suo non fosse un caso di doping ma di contaminazione: “L’esame del capello può fornire una traccia cronologica esaustiva e distinguere tra un uso cronico e un’esposizione accidentale alle sostanze. Studi scientifici hanno stabilito che non c’erano segni di doping e hanno anche spiegato che l’esposizione a quantità così basse di clostebol non avrebbe potuto migliorare le prestazioni atletiche o essere utile per me”, ha raccontato Barquero. Che alla fine riuscì a far ridurre la sua sospensione a un anno: la Federazione internazionale di pattinaggio infatti la sanzionò per un caso di negligenza non significativa, quindi con un livello di colpa basso e una pena ridotta.
Qui però la vicenda Barquero diverge clamorosamente da quella di Sinner. La pattinatrice spagnola infatti stava per rientrare alle gare e a preparare il campionato del mondo che si sarebbe svolto in Giappone, quando a gennaio 2023 – quindi a distanza di un anno dalla prima volta – fu nuovamente trovata positiva al Clostebol. Le due positività di Sinner sono state riscontrate a pochi giorni di distanza e possono essere spiegate con la stessa motivazione (la contaminazione transdermica dovuta ai massaggi del suo ex fisioterapista). Nel caso di Barquero invece tra le due positività passa un anno: “Avevo preso tutte le precauzioni, avevo cambiato le mie abitudini per evitare qualsiasi rischio di contaminazione“, ha spiegato la pattinatrice spagnola. Aggiungendo: “Non posso dare molte altre informazioni sul secondo test positivo. Studi scientifici hanno dimostrato ancora una volta che non c’era stata alcuna utilità e che c’era stata contaminazione“.
In questo caso però la Wada ha deciso di punirla per recidiva, proponendole una squalifica di 6 anni: “A causa della necessità di porre fine a questo processo e di riprendere in mano la mia vita, sono stata costretta ad accettare un accordo di sei anni basato su regole sproporzionate e ingiuste, ma che non avevo altra scelta che accettare. Si tratta di una sanzione eccessiva che ha significato la fine della mia carriera sportiva, ma è anche un chiaro esempio dei fallimenti del sistema”, ha denunciato Banquero.
Dal canto suo, la Wada ha replicato alle accuse spagnole con una e-mail inviata all’Associated Press: “La differenza fondamentale tra i due casi è che la versione della signora Barquero su come la sostanza è entrata nel suo sistema non era convincente alla luce delle prove, tanto che le circostanze sono rimaste sconosciute per quanto riguarda la Wada”, ha detto l’agenzia antidoping. “Al contrario, nel caso Sinner, le prove hanno chiaramente confermato la spiegazione dell’atleta, come delineato nella decisione di primo grado”. La Wada aggiunge: “Se la signora Barquero non era d’accordo con la sanzione proposta, non era obbligata a firmare l’accordo di risoluzione del caso ed era libera di portare avanti il caso per l’udienza presso il Cas“.
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