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“Trump vuole scaricare Zelensky. Al suo posto il generale Zaluzhny”: il piano contro il capo di Stato ucraino. Ora solo l’Europa lo sostiene

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Trump e Putin continuano con gli attacchi a Volodymyr Zelensky, l’Europa invece si compatta intorno a lui. Il ruolo del presidente ucraino, però, appare sempre più in bilico. Mentre l’asse Washington-Mosca continua a stabilire le regole della pace in assenza del Paese aggredito, che invece invoca un maggior coinvolgimento proprio come l’Ue, The Economist motiva l’atteggiamento americano scrivendo che la Casa Bianca vuole scaricare Zelensky e mettere alla guida del Paese il suo ex comandante delle forze ucraine rimosso dall’incarico dopo aver più volte sconfessato le dichiarazioni del presidente: Valery Zaluzhny.

Il generale con ambizioni da politico
La popolarità del militare 49enne è cresciuta costantemente nel corso dei primi anni di guerra, soprattutto durante la controffensiva ucraina e nei mesi successivi, fino alla sua cacciata, quando ha ammesso che l’esercito non sarebbe stato in grado di riconquistare i territori persi e, anzi, rischiava di cedere sotto la pressione delle forze della Federazione. È stato lui, aggiungono poi i suoi sostenitori, ad aver impedito lo sfondamento delle forze di Mosca e l’occupazione di Kiev. Alla figura del condottiero, dell’abile stratega, si è aggiunta quella del generale con uno sguardo anche politico, capace di comprendere quando frenare la spinta militare in favore della diplomazia. Un’immagine, quella che gli è stata costruita intorno, che a un certo punto lo ha reso uno dei principali punti di riferimento del fronte ucraino, aiutato anche dalla popolarità in costante discesa del presidente che, adesso, guida il Paese col mandato ampiamente scaduto e con un consenso che, secondo Economist, risulta essere intorno al 52%, molto diminuito rispetto al picco del 90%. Inoltre, aggiunge la rivista britannica, in un confronto elettorale Zaluzhny, col 65% dei voti, travolgerebbe Zelensky fermo al 30%.

Di questa situazione tenta di approfittarsi Donald Trump che vede in Zaluzhny un candidato alla presidenza in grado di sostituire l’attuale capo dello Stato e, probabilmente, più vicino alle sue posizioni. Anche giovedì, non è un caso, è tornato ad attaccare Zelensky davanti alla platea di investitori della Future Investment Initiative, a Miami, definendolo nuovamente un “comico di modesto successo” e un “dittatore non eletto” che “si rifiuta di indire elezioni” e che dovrebbe “muoversi rapidamente se non vuole perdere il Paese che gli è rimasto” perché “la guerra sta andando nella direzione sbagliata”.

Al suo posto, il tycoon vedrebbe bene l’ex capo di Stato maggiore della Difesa nominato dallo stesso Zelensky nel luglio del 2021, ad appena 45 anni, e poi rimosso, con parere contrario dei comandi americani, circa un anno fa per essere sostituito dal generale Oleksandr Syrskyi. Nomi di possibili sostituti, in questi mesi, ne sono circolati tanti. Uno è ad esempio quello del capo dell’intelligence Kyrylo Budanov, altro profilo di alto spessore. Ce n’è un altro che, pur travolto da scandali, accusato di alto tradimento e raggiunto dalle sanzioni ucraine, torna comunque a parlare: è l’ex presidente Petro Poroshenko. L’uomo che nel 2014 ha preso il comando del Paese dopo i fatti di Maidan e la caduta dell’ex leader Viktor Janukovyč ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera prendendo le difese di Trump e invitando Zelensky ad avere un atteggiamento meno aggressivo nei confronti dell’alleato americano. “Pur in circostanze avverse, Zelensky potrebbe fare meglio e invece sbaglia. Dovrebbe tenere aperto e privilegiato il rapporto con Trump. Gli Usa restano la nostra unica garanzia contro Putin – ha detto – Conosco bene Trump, ho lavorato con lui per oltre tre anni durante il suo primo mandato, sono certo che è possibile intenderci. Zelensky e diversi leader europei lo considerano un problema, io invece lo ritengo un’opportunità. Zelensky non è riuscito a costruire un canale di dialogo diretto”. E ha poi volto lo sguardo a ovest, verso l’Europa: “Lo stesso deve fare l’Europa, perché ad oggi gli Stati Uniti restano la pedina vitale della nostra difesa e della Nato. Meloni ha compreso bene questa necessità e ha costruito un rapporto diretto con Trump. Al summit di Parigi era con i partner europei, eppure mantiene la relazione speciale con Washington, una posizione unica”. Quali motivi si nascondano dietro queste parole non è possibile saperlo, al momento. Ma una cosa è certa: Poroshenko, come Trump, è un politico capace di adattarsi alle situazioni, un pragmatico che agisce al di sopra delle ideologie e che, come ha detto, non farebbe alcuna fatica a passare dall’essere il presidente ucraino già vicino all’America durante il mandato Obama al più fedele alleato di Donald Trump.

L’asse Trump-Putin contro Zelensky
Dal ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, l’obiettivo nemmeno troppo nascosto di Vladimir Putin è stato quello di ridurre le trattative sulla pace in Ucraina a un dialogo bilaterale tra le presidenze delle due potenze coinvolte, gli Usa e la Russia. E se si guardano le dichiarazioni delle ultime ore sembra esserci riuscito: dopo aver escluso dai colloqui l’Ucraina e l’Europa, adesso anche l’atteggiamento dei due leader nei confronti di Zelensky sembra essere lo stesso. La conferma arriva anche dalle ultime dichiarazioni che arrivano dal Cremlino, con il portavoce Dmitry Peskov che va addirittura in difesa di Trump, definendo “inaccettabili” le parole di Zelensky “nei confronti di leader di altri Stati” dopo l’accusa del presidente ucraino secondo cui il tycoon si sta facendo influenzare dalla propaganda russa. Secondo Peskov, “il fatto che il sostegno a Zelensky stia calando è una tendenza assolutamente ovvia e difficilmente si può discutere”, anche se i russi non vogliono “essere coinvolti in alcuna discussione sulle cifre”.

L’Europa a protezione di Zelensky: “È lui il presidente”
Dall’Europa, però, non ci stanno. In una lenta ma graduale presa di distanza dalle strategie di pace trumpiane, che ha vissuto un’accelerata dopo l’esclusione di Bruxelles da ogni tavolo negoziale, i Paesi del Vecchio Continente si schierano al fianco del presidente ucraino. “L’unico dittatore in questa guerra è Putin. Zelensky è un eroe”, ha dichiarato il ministro francese responsabile dell’Europa, Benjamin Haddad, che ha poi confermato la missione del presidente francese, Emmanuel Macron, che la settimana prossima sarà a Washington per incontrare l’omologo americano. In quell’occasione, ha puntualizzato il ministro, Macron “porterà la voce degli europei e dirà che l’avvenire dell’Ucraina non può decidersi senza di loro”. Haddad ha poi aggiunto che il timore della Francia è che un cessate il fuoco “improvvisato sarebbe una vittoria per Putin”.

Il primo ministro britannico Keir Starmer, anche lui in procinto di partire per gli Stati Uniti, ha avuto una conversazione telefonica con Volodymyr Zelensky esprimendo “il suo sostegno al presidente in quanto leader democraticamente eletto e ha affermato che era perfettamente ragionevole sospendere le elezioni in tempo di guerra, come fece il Regno Unito durante la seconda guerra mondiale”. Il primo ministro britannico ha ribadito “il suo sostegno agli sforzi guidati dagli Stati Uniti per ottenere una pace duratura che scoraggi la Russia da qualsiasi futura aggressione”.

A pochi giorni dal terzo anniversario della guerra, i leader dei Paesi e delle istituzioni europee saranno a Kiev per manifestare la loro vicinanza a Zelensky. L’ultimo annuncio, in questo senso, è quello del capo dell’esecutivo spagnolo, Pedro Sanchez: “Lunedì sarò a Kiev per ribadire il sostegno della Spagna alla democrazia ucraina e al presidente Volodymyr Zelensky”.

Anche Antonio Tajani ha dimostrato, seppur con parole misurate, la sua vicinanza a Zelensky: “Le parole della nuova amministrazione Usa sono sempre forti, c’è qualche crepa nel rapporto tra Trump e Zelensky ma è nel nostro interesse che la situazione si calmi e si arrivi alla pace, non soffermiamoci sulle parole”, ha detto a Radio 24. “Non è un linguaggio che ci appartiene”, ha affermato il vicepremier e occorre “tenere i nervi saldi” perché “schermaglie ci sono e ci saranno. Trump ha usato parole dure probabilmente perché non ha gradito la reazione di Zelensky all’incontro Usa-Russia in Arabia Saudita. Ma non facciamoci prendere dalla cronaca”.

X: @GianniRosini

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